Aree marine protette e pesca sub
Oggi tutti sanno che all’interno delle aree marine protette la pesca sub in apnea viene sistematicamente vietata, e che l’introduzione di nuove AMP comporta, di fatto, l’estromissione della nostra categoria dall’intera superficie interessata, anche all’interno delle zone con un livello di protezione più blando e divieti meno stringenti. Quello che non è chiaro a tutti è come si sia giunti a questa situazione e su quali basi si sia deciso di classificare la pesca in apnea come attività tout-court incompatibile con le finalità di tutela perseguite con l’istituzione delle aree marine protette a livello di principio, senza cioé affidare questa valutazione all’Ente Gestore della singola AMP in fase di elaborazione del Regolamento, come invece accade per la grande maggioranza delle altre attività impattanti. Sul sito dell’AMP di Capo Rizzuto campeggia un articolo datato ottobre 2010 intitolato “La pesca subacquea in apnea nell’area marina di Capo Rizzuto” che sta a dimostrare come gli stessi Enti Gestori non siano in grado di chiarire la situazione.
L’articolo si propone di rappresentare le ragioni tecnico-giuridiche che determinerebbero – il congiuntivo è d’obbligo – l’impossibilità di praticare la pesca subacquea in apnea nelle AMP, e comincia subito con un paio di informazioni non rispondenti a verità: il divieto di pesca in apnea in vigore in tutte le AMP italiane troverebbe la sua motivazione giuridica nell’articolo 19 comma 3 della Legge quadro sulle aree protette, la L. 394/91, laddove espressamente prevede che “nelle aree marine protette è vietata la cattura, la raccolta ed il danneggiamento delle specie animali …[omissis] …. nonché l’introduzione di armi, esplosivi ed ogni altro mezzo distruttivo e di cattura“.
Di conseguenza, chiosa l’estensore del contributo, esiste un divieto generale di pesca subacquea in apnea, esteso anche al trasporto dei fucili subacquei, in quanto intesi, in senso lato, come “mezzi di offesa automatici, capaci di notevole pericolosità anche a distanza“.
Una volta “chiarito” – si fa per dire!- l’aspetto giuridico, l’articolo passa ad illustrare le ragioni “tecniche” dell’esclusione della nostra disciplina, riprendendo i passaggi salienti del noto Dossier realizzato dai burocrati ministeriali e in passato ampiamente criticato anche da illustri esponenti della comunità scientifica per il modo in cui attinge informazioni da ricerche scientifiche fatte in contesti totalmente diversi, quali ad esempio le barriere coralline o piccolissime AMP:
- Le specie ittiche che più sono sottoposte allo sforzo di pesca da parte dei subacquei (in particolare le cernie) sono vulnerabili a causa del loro ciclo biologico, che non permette un rapido turn – over degli esemplari perduti a seguito di un eccessivo prelievo da parte dei pescatori in apnea.
- Nella aree protette dove non è consentita la pesca subacquea (la grandissima maggioranza a livello mondiale) si assiste ad un aumento di densità e di taglia media delle popolazioni delle specie ittiche maggiormente predate dai pescatori subacquei.
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Le aree marine protette ove è vietata la pesca subacquea sono un efficace strumento per restaurare le risorse ittiche depauperate nelle aree circostanti in cui è consentita la pesca.
- La pesca subacquea sportiva compete per la stessa risorsa con la piccola pesca professionale.
- L’attività di pesca subacquea potrebbe arrecare un danno all’immagine promozionale di un’area marina protetta, con potenziali ricadute negative sul gradimento da parte di altre tipologie di fruitori
LE VERE RAGIONI DEL DIVIETO DI PESCA SUB NELLE AREE MARINE PROTETTE
Diciamo la verità ancora una volta, nella speranza che certi argomenti non siano più messi sul tavolo. La legge quadro sulle aree protette proibisce in linea di principio qualunque attività impattante, fosse anche solo il disturbo delle specie animali. Lo stesso articolo 19 comma 3 richiamato proibisce addirittura la navigazione a motore! Come è possibile, allora, che si possa navigare, pescare con ogni tecnica, che si possano fare immersioni, che si possa addirittura pescare professionalmente all’interno delle aree B e C delle AMP? Semplice: la legge prevede la possibilità di introdurre eccezioni alla regola, altrimenti nelle AMP non si potrebbe neanche respirare rumorosamente. Basta spostarsi al comma 5 dello stesso articolo 19 per leggere: “Con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, sentita la Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti, è approvato un regolamento che disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario“.
Svelato l’arcano: il regolamento dell’area marina protetta approvato dal Ministero può ben disciplinare attività che in virtù dell’articolo 19 comma 3 della 394/91 dovrebbero essere vietate.
Si capisce allora che la mezza verità riportata dall’articolo si trasforma in bugia intera nel momento in cui la si utilizza per affermare una cosa falsa, ossia che esista una norma giuridica che impone di vietare la pesca subacquea nelle AMP più di quanto non imponga di vietare ogni altra attività di prelievo o disturbo della fauna. I pesci prelevati da professionisti e sportivi che utilizzano tecniche diverse da quelle dei pesca sub non sono forse catturati, raccolti o danneggiati? Gli attrezzi utilizzati da questi soggetti non sono forse mezzi di cattura vietati dalla norma in questione?
Il punto adesso dovrebbe essere chiaro: se tutto è vietato in linea di principio ma sono possibili eccezioni, la possibilità di praticare la pesca in apnea nelle AMP viene rimessa alla discrezionalità delle istituzioni, che dovrebbero stabilire le deroghe alla regola generale “in funzione del grado di protezione necessario”.
In particolare, la questione dovrebbe essere rimessa al giudizio dell’Ente Gestore, che, dopo aver preso visione della letteratura scientifica eventualmente integrata da ricerche ad hoc e dopo attenta valutazione dell’assetto socio economico dell’area, sarebbe nelle migliori condizioni per determinare quali attività risultino suscettibili di regolamentazione e quali, invece, debbano essere proibite. Sin qui non ci sarebbe alcuna obiezione: è fuori di dubbio che le aree protette per essere tali debbano implicare delle limitazioni alle attività umane e nessuno meglio dell’Ente Gestore può analizzare le questioni e definire un assetto di vincoli idoneo.
E SE L’ENTE GESTORE FOSSE FAVOREVOLE A UNA REGOLAMENTAZIONE DELLA PESCA SUB?
Tra i direttori delle AMP non mancano persone prive di pregiudizi, e nel passato anche recente si sono verificati casi in cui si è prospettata la possibilità di regolamentare – e non semplicemente proibire – la pesca in apnea all’interno delle aree protette. A Porto Cesareo, ad esempio, si è rilevata la contraddizione del decreto istitutivo, che ammette forme di pesca scarsamente selettive come quella con il palamito mentre impedisce la regolamentazione della pesca in apnea, disponendone il divieto assoluto. Anche nell’AMP Regno di Nettuno, sfruttando l’assenza di un’espressa esclusione della pesca sub dal novero delle attività suscettibili di regolamentazione – ossia di deroga rispetto alla regola generale dell’art 19 comma 3 della legge quadro 394/91 – si è tentato di proporre una regolamentazione della pesca in apnea in luogo di una secca proibizione. Anche in altre AMP come Favignana e la stessa Capo Rizzuto l’idea di una regolamentazione della nostra disciplina ha preso corpo a livello di Ente Gestore, ma tutte le proposte in tal senso sono state cassate a livello di Ministero, dove il mantra ripetuto è sempre lo stesso: la pesca subacquea è proibita in tutte le AMP e non è possibile alterare l’armonia della regolamentazione nazionale.
Questo assioma tautologico si fonda, come dicevamo, sul famigerato Dossier richiamato anche dall’articolo pubblicato sul sito dell’AMP Capo Rizzuto da cui abbiamo preso spunto per analizzare le ragioni del divieto che colpisce la nostra disciplina. Un Dossier di scarsa consistenza scientifica, contestabile tanto nel metodo quanto nel merito, è da oltre un decennio il pretesto alla base del diktat dei burocrati ministeriali.
Per non abusare dell’attenzione del lettore, rimando l’analisi di questo documento ad un prossimo articolo, ma prima di chiudere vorrei essere chiaro su un punto: la tutela del Mare è fondamentale e le aree marine protette come strumento di tutela non sono in discussione, ciò che si contesta è il pregiudizio verso la nostra disciplina ed il conseguente divieto imposto dai burocrati ministeriali a tutti gi altri, Enti Gestori compresi. Questa omologazione decisa nei palazzi di Roma è per noi inaccettabile perché ingiusta quanto infamante per la nostra categoria.
Se avete domande o commenti, non esitate a postarli su questa pagina o nel Forum di discussione.
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Category: Approfondimenti, Normativa, Pesca in Apnea
Da pescasub … vieterei la pesca a tutti nelle AMP (o tutti o nessuno) pescare in un parco sarebbe troppo facile ed antisportivo … se fosse per me ci vorrebbero anche periodi di fermo biologico da applicare a rotazione a zone … molto spesso la legge dei 5 kg di pesce non viene rispettata controlli più seri
Complimenti per l’ottimo articolo, dovreste girarlo per conoscenza sia alla Fipia che alla Fipsas.
L’argomento è stato già affrontato dalla FIPIA nel 2011 con una lettera aperta all’allora Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Le stesse argomentazioni sono state presentata anche a tutti i Ministri dell’Ambiente che si sono succeduti in quel dicastero.
Vedi
http://www.fipia.it/public/istanza_ministero_ambiente.pdf