AMP Torre del Cerrano: la riserva senza zona A, dove tutto è permesso
Ci siamo spesso occupati di Aree Marine Protette nel tentativo di far conoscere quali sono le forze che premono per la realizzazione di queste riserve che, in teoria, servirebbero a tutelare ambiente, flora e fauna di un determinato tratto di costa ma che, in pratica, sembrano solo un mezzo per accaparrare contributi statali a fondo perduto e realizzare zone di usufrutto esclusivo per le lobby economiche del luogo, pesca professionale e diving in primis.
L’AMP Torre del Cerrano rappresenta un “mirabile” esempio di quanto la tutela ecologica sia soltanto un paravento di facciata, talmente di facciata che è l’unica riserva italiana in cui la zonazione NON prevede alcuna zona A, ossia quelle a tutela integrale, i polmoni ecologici delle riverve….e per questo anche le zone meno produttive dal punto di vista economico.
Viceversa, all’interno del perimetro della riserva si è provveduto a fare in modo che tutte le attività economiche preesistenti l’istituzione della riserva o condotte dai residenti siano consentite, con pochissime limitazioni se non di facciata. Il risultato è davvero singolare!
A fronte dell’esigenza teorica di proteggere le dune (poiché habitat del Fratino, un volatile ritenuto a rischio), il Fratino stesso e il porto antico, in realtà ci si trova con diversi stabilimenti balneari che occupano ampi tratti di spiaggia puliti con grandi mezzi gommati che poi gettano il raccolto indifferenziato direttamente nel greto del torrente Cerrano. Le dune sono solo parzialmente recintate, ad esclusione di quelle che continuano ad essere impropriamente usate come rimessaggio delle imbarcazioni sia da diporto che da piccola pesca. Dimenticavamo che a fronte della presenza documentata di nidi di Fratino in pieno giugno, l’ente parco autorizza la pulizia degli arenili (in notturna durante la stagione turistica) a partire dal 15 maggio.
Quanto alla pesca, nessun limite per numero di nasse o metri di rete calabili dai residenti (mentre i non residenti sono totalmente banditi da queste acque), nessun limite all’utilizzo di ausili meccanici per la pesca (mentre le draghe vibranti che operavano al largo sul fondale fangoso sono state bloccate da subito). Ovviamente, a riprova di quali siano gli interessi in gioco, un timido tentativo di porre qualche freno alla pesca professionale è stato prontamente stroncato sul nascere.
Una cosa è certa, questo tipo di AMP tutela solo e soltanto il tessuto economico del luogo, ma di fronte a simili progetti la domanda sorge spontanea: perché bisogna farlo con i soldi di tutti i cittadini italiani, peraltro millantando finalità di salvaguardia ambientale?
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