AMP Capo Testa: Presentato il Ricorso al TAR contro l’Istituzione
Le promesse di revisione del decreto (firmato a maggio ed entrato in vigore il 20 settembre scorso) sono rimaste tali e così il Movimento Sardo Pro Territorio, raccogliendo l’appoggio del Sindacato Italiano Balneari, dell’associazione Armatori Motopescherecci Sardi e di 15 operatori ed imprenditori del mare, ha scelto le vie legali e presentato ricorso al TAR (già minacciato nel 2016) contro il processo di istituzione dell’Area marina protetta di Capo Testa – Punta Falcone.
I ricorrenti contestano: “la mancanza del consenso popolare al momento dell’avvio della procedura amministrativa” e chiedono l’annullamento degli atti impugnati. Evidenziano, tra l’altro, violazioni per il mancato coinvolgimento di Capitaneria di Porto, ex Provincia di Olbia-Tempio e Provincia di Sassari: “Non sono state né sentite né convocate ai tavoli tecnici”.
Oltretutto, il rappresentante regionale Alessio Pasella e il coordinatore locale Ulisse Murru, tuonano che: “L’Unione Europea raccomanda che le aree protette siano istituite solo con il consenso delle popolazioni interessate. Ma per l’iter dell’Amp di Santa Teresa gli enti preposti non hanno ascoltato le nostre richieste, né quelle della comunità, violando le raccomandazioni dell’Ue.
Stufi di aspettare un confronto, risposte e riscontri da una politica sorda, superficiale, arrogante e irrispettosa nei confronti di un intero territorio e dell’ambiente, abbiamo deciso di portare la questione davanti ai giudici come estrema ratio nell’ultimo giorno utile per presentare ricorso al Tar”.
Difficile ipotizzare la sorte del ricorso, di certo la storia delle opposizioni alle aree marine protette già istituite non conta eclatanti successi. Tuttavia, se realmente il Movimento Sardo Pro Territorio può documentalmente dimostrare che le fasi prescritte dall’iter non siano state opportunamente seguite dall’amministrazione comunale, che avrebbe addirittura millantato un consenso generalizzato della popolazione teresina e, più in generale, di tutti i portatori di interesse (e non solo di alcuni), dei margini per una possibile riforma del decreto potrebbero esserci. Arduo è invece che l’AMP sia dichiarata illegittima e che il tribunale stabilisca che è tutto da rifare, decisione contro cui è facile prevedere ricorso davanti al Consiglio di Stato.
Comunque vada NON sarà, come invece ipotizzato (o meglio sperato) da alcuni, un precedente per rivedere la condizione di reietti dei pescatori subacquei ricreativi su cui, la sentenza di rigetto del ricorso presentato nel 2010 da AAMPIA, sembra aver messo purtroppo una pietra tombale.
AGGIORNAMENTO
Con una lunga ed articolata sentenza, il TAR Sardegna ha respinto il ricorso del Movimento Sardo Pro Territorio. Le osservazioni dei giudici sono state numerose, le più importanti possono essere così riassunte:
1. Sia l’ISPRA che l’Amministrazione Comunale hanno correttamente ottemperato all’obbligo di informare i portatori d’interesse, e la popolazione tutta, in maniera che è stata ritenuta più che adeguata alla situazione
2. L’obbligo di informare non integrava anche quello di ottenere il consenso della popolazione, nè indirettamente nè attraverso il ricorso allo strumento referendario, che peraltro il sindaco aveva già a suo tempo chiarito poter avere ruolo esclusivamente consultivo
3. Poiché i fondali marini non sono soggetti a importanti cambiamenti nel breve e medio periodo, i rilievi oceanografici eseguiti nel 1991 sono da considerarsi sufficienti, non essendo quindi imprescindibile farne di recenti
4. Eventuali situazioni di inquinamento presenti all’interno del perimetro della riserva (ad esempio il collettore fognario al centro della baia), pur non indagate in fase di percorso preliminare, non possono in alcun modo peggiorare con l’istituzione della riserva. Viceversa è plausibile un effetto inverso, e che quindi la presenza della riserva funga da accelerante per la risoluzione definitiva degli stessi
5. Una eventuale comunicazione imprecisa, lacunosa e omissiva di quelli che sarebbero stati i vincoli definitivi dell’AMP, sono da imputarsi alla figura del sindaco e non certo all’ISPRA che sulla questione è sempre stata chiara
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