Amarcord: Campionato Italiano Per Societa’ Arzachena 1993
Massimiliano Volpe, autore dell’articolo
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Quello che segue è l’appassionato racconto di un campionato per società del 1993. Da allora molte cose sono cambiate, in particolare la salute del mare ed i regolamenti delle competizioni di pesca in apnea, che oggi non consentono più la realizzazione di certi carnieri. Vi presentiamo il racconto per quello che è: il diario di un campionato d’altri tempi.
Sono passati ormai più di 11 anni, ma il ricordo di quell’esperienza è ancora vivissimo in me. Quel campionato per società, disputato nelle limpide acque di Arzachena, in Sardegna, rappresenta un punto cardine nella mia carriera di agonista ed un enorme motivo di orgoglio: è stata la prima vittoria ottenuta dal circolo in cui militavo, il Club Sub Grossetano, che proprio quest’anno festeggia i 50 anni di attività.
Nel 1993 ero ancora uno studente universitario, ormai prossimo alla laurea in architettura, che rubava tempo prezioso allo studio per andare a pescare appena poteva. Avevo però già alcuni anni di esperienza e almeno altri tre campionati a squadre all’attivo, tra cui quello disputato nel 1990 nelle stesse acque, per cui la convocazione di Marco Bardi mi trovò entusiasta e pronto all’impegno agonistico.
Il 16 di maggio disputavo nelle acque dell’Argentario la classica gara di selezione, ottenendo un buon quarto posto, e solo il giorno successivo, alle 21, ero sul traghetto che ci avrebbe condotti in Sardegna. La squadra era composta da me, Marco e Carlo Chiozzi, veterano di grande esperienza conosciuto nell’ambiente col soprannome di Gano. La serata in traghetto trascorse serena, grazie anche alle storie di pesca al limite dell’incredibile che il Gano non perde occasione per narrare, sempre in modo diverso e arricchendole con particolari sempre nuovi.
La mattina successiva alle 9.30 sbarchiamo a Olbia, quindi ci rechiamo nella cittadina di Cannigione, dove ci sistemiamo in un appartamento nei pressi del piccolo approdo. Non appena scaricate le nostre attrezzature ci affrettiamo a varare il gommone, ansiosi di effettuare un primo giro di perlustrazione, in modo da sfruttare al meglio il poco tempo a nostra disposizione per la preparazione della gara.
Dobbiamo innanzi tutto controllare dei segnali conosciuti, scoperti in parte in occasione del campionato del 1990, in parte trovati da me durante una vacanza di pesca trascorsa sulle coste di Arzachena l’anno precedente. La giornata è un po’ strana, soleggiata ma con un fastidioso scirocco, e la visibilità in acqua, sebbene al di sotto delle nostre aspettative, è comunque discreta, intorno ai 15-18 metri. Decidiamo di andare subito a verificare un bel sassone isolato nelle alghe, scovato mentre pescavo durante la vacanza dell’anno precedente e solitamente frequentato da saraghi di buone dimensioni: i saragoni ci sono sempre in buona quantità e, sorpresa, all’ombra della tettoia formata dal masso c’è anche un enorme cappone.
Mentre sommozzo nei pressi del segnale e ricontrollo tutte le fessure presenti con meticolosità, Marco gira nelle vicinanze con lo scandaglio acceso per vedere se ci sia qualche altro posto simile. Dopo una mezz’oretta lo vedo venirmi incontro di gran carriera: salgo al volo sul gommone e Marco mi dice di fare un tuffo in una bella risalita trovata con lo scandaglio a non più di 100 metri dal mio sassone. Dopo alcuni metri dalla capovolta, appena si comincia a scorgere il fondale, assisto ad uno spettacolo stupefacente: centinaia di saraghi di tutti i tipi, fasciati, maggiori e pizzuti, che nuotano formando un pallone che arriva quasi a mezz’acqua. Al centro del pallone una bella orata sembra dirigere quel carosello argenteo.
Non oso raggiungere il fondo e mi limito ad eseguire una lunga planata ricognitiva per visualizzare la conformazione del sommo. Niente di particolarmente bello, un classico sommo di granito piuttosto liscio, con poche pietre di medie dimensioni accatastate sulle pendici, ma isolato in un mare di posidonia. Riemergo piuttosto eccitato e faccio segno a Marco di venire a prendermi. Gli dico di allontanarsi subito, perché in zona ci sono altri equipaggi e la risalita è di quelle veramente magiche.
Ci spostiamo per verificare qualche segnale del campionato del 1990 e anche qui troviamo qualche pesce, sebbene molto meno di allora, in prevalenza tordi e capponi, sempre presenti in buon numero in queste acque. La giornata scorre rapidamente e arriviamo presto alla sera. Rientriamo stanchi ma soddisfatti di questo primo giorno di perlustrazione, che ci dà motivo di esere ottimisti e fiduciosi per l’esito della gara. Siamo molto soddisfatti anche delle attrezzature, nuove per quegli anni, testate oggi per la prima volta: con mute lisce spaccate e pinne in carbonio si riesce a tenere un buon ritmo anche a profondità piuttosto impegnative.
Dopo un’abbondante cena e una breve sortita in paese per telefonare, dato che all’epoca i cellulari non erano molto diffusi, ce ne andiamo filati a letto.
I vincitori: Carlo Chiozzi, Marco Bardi e Massimiliano Volpe
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L’indomani la sveglia suona alle 6.45. Ci attende un’altra lunga giornata di perlustrazione, sebbene le condizioni non siano delle migliori: vento di scirocco e pioggerella. La voglia di spogliarsi per indossare le attrezzature è veramente poca, così cominciamo a scandagliare in lungo e in largo.
Giunti nei pressi dell’isola di Mortorio mi faccio coraggio: devo immergermi per controllare un altro segnale del vecchio campionato. Si tratta di un bel masso in cui all’epoca dimorava una bella cernia, che, però, in gara non si fece trovare in casa. La cernia non c’è, in compenso trovo qualche bel sarago.
Da lì decidiamo di cambiare sistema e prepariamo due paperini: scendiamo in acqua in due alternandoci nelle sommozzate, trainati dal paziente Gano, finchè, verso le 15, non finiamo la benzina. Rapido scalo a Porto Cervo per fare il pieno di carburante e di nuovo a paperino tutto il pomeriggio, fino alle 19. Troviamo solo una piccola lastra con un tordo, un cappone e qualche sarago in giro. Forse non c’è poi così tanto pesce e le zone scovate ieri sono veramente magiche! Verso le 20.30 siamo a casa per la cena. Dopo esco con Carlo per una breve passeggiata e alle 23 tutti a nanna.
Il terzo giorno di preparazione viene impiegato per la ricerca in zone non battute nei giorni precedenti, utilizzando il doppio paperino e anche uno scooter subacqueo. Troviamo una bella zona vicino alla secca dei Poveri, abitata da qualche corvina e frequentata da un nutrito branco di dentici. Più tardi, dopo ulteriori quanto infruttuose ricerche, Marco effettua un rapido controllo della risalita abitata dai saraghi trovata il primo giorno, quindi si fa dare il cambio da Carlo per l’esplorazione delle batimetriche più basse. Sotto costa Carlo trova qualche masso abitato da saraghi, ma si tratta di pesce molto mobile su cui non si può fare affidamento; inoltre le zone sono classiche e battute.
L’ultimo giorno di preparazione lo dedichiamo alla ricerca con lo scandaglio di sommi un po’ più a fondo. Ne individuiamo diversi ma tutti desolatamente deserti. Prima di rientrare in porto per il raduno pre-gara vorremmo dare un’ultima occhiata alle tane trovate ma desistiamo per la paura di farci vedere da altri concorrenti.
Dopo le solite faccende del raduno, il ritiro dei numeri di gara e del cavetto portapesci, ce ne andiamo a casa per la cena, unico pasto decente della giornata. Poi una breve passeggiata e quattro chiacchiere con gli atleti del club sub di San Vincenzo, quindi di nuovo nel nostro appartamento per concordare il programma di gara e sistemare gli ultimi dettagli delle nostre attrezzature.
La mattina seguente la sveglia suona alle 5.30. Al raduno io e Marco, come da programma, ci prepariamo indossando le mute. Quindi ci imbarchiamo sul gommone e ci dirigiamo verso il centro campo gara, in prossimità delle secche del Cervo. Quando la Direzione di Gara comunica il taglio di una porzione di campo gara, cioè l’estremità settentrionale comprendente la secca delle Bisce, scoppiano le polemiche: c’è chi, come la squadra capitanata da Nicola Riolo, abbandona per protesta la competizione.
La gara ha comunque inizio alle 8 e noi ci dirigiamo sul segnale situato nei pressi della secca dei Poveri, per cercare di mettere subito a pagliolo un bel dentice, ma sempre controllando da lontano che nessuno si diriga verso i nostri segnali migliori. La tana di corvine è purtroppo vuota, e Marco deve ripiegare su due grossi gronghi intanati nei pressi. Io resto a lavorarli e li estraggo con non poca fatica, mentre Marco raggiunge a nuoto un’altra tana di corvine presente in zona, quella presso cui staziona anche il branco di dentici. Quando lo raggiungo ha già arpionato uno stupendo esemplare ed è intento a riavvolgere la sagola del mulinello.
Senza indugio vado sulla spaccatura abitata dalle corvine e ne arpiono una. Marco, dopo aver tentato la cattura di un altro dentice senza esito, cambia fucile e mi affianca nella pesca sulla lunga spaccatura delle corvine, che risulta abitata anche da altri pesci: io catturo in rapida successione un tordone nero, un cappone e due bei saraghi; Marco due belle corvine e due mostelle. Dopo circa un’ora e mezza di gara abbiamo già a pagliolo una decina di pesci e ancora dobbiamo visitare i nostri posti migliori!
Il carniere valso la vittoria del Campionato per Società ’93
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Ci spostiamo velocemente sul sommo dei saraghi dove, al primo tuffo, sembra non esserci più il pesce dei giorni precedenti. Marco arpiona però una bella orata e un cappone, mentre io inanello tre saraghi. Dopo poco Marco mi chiama: ha individuato il grosso del branco di saraghi che ha trovato rifugio in un sassone più staccato dal sommo principale e solcato da una profonda spaccatura verticale con il fondo a sabbia. Riemerge con una coppiola di saraghi. Scendo impugnando l’arbalete da 75 cm. e mi affaccio alla spaccatura: lo spettacolo è emozionante e una quantità inverosimile di saraghi balugina nella penombra. Cerco di non perdere la calma e attendo pazientemente che due pesci si sovrappongano per ottimizzare il tuffo, dato che la profondità è abbastanza elevata. Premo il grilletto e, risalendo, mi accorgo che anche un terzo sarago è rimasto trafitto ma, purtroppo, malamente. Si strappa quando sono ormai quasi in superficie.
Passo il fucile a Carlo che, sul gommone, comincia ad avere il suo da fare. Mi passa un altro 75 e riparto. Nel frattempo Marco porta in superficie un’altra coppiola di saraghi, quindi anch’io riemergo con due saraghi. Marco riesce ad effettuare un ultimo tuffo, prima che il branco si dilegui, che frutta ben tre saraghi con un solo tiro!
Sul gommone è il caos e Carlo non sa più come districarsi tra aste, sagole e pesci guizzanti. Dopo qualche ulteriore tentativo infruttuoso decidiamo di andare sul massone posto a poca distanza da lì. Anche qui ritroviamo il pesce individuato in preparazione e io arpiono subito un bel sarago in caduta. Subito dopo altri due li sorprendo sotto ad una piccola lastra posta alla base del masso. Nel frattempo Marco cattura il grosso cappone segnato, che risulterà essere 1,6 kg, un tordo e due saraghi.
Quando ci accorgiamo che il pesce si è dileguato, decidiamo di tornare sul sommo dei saraghi per vedere se qualche pesce si sia riavvicinato dopo la pausa di tranquillità. In effetti è così e Marco, al primo tuffo, strappa un grosso sparide. Però, giunto in superficie, mi indica esattamente il punto e così, scendendo sul fondo, non ho difficoltà ad individuare il pesce ferito e lo catturo agevolmente.
Insistendo, catturo un tordo e una mostella al limite del peso. Poi, razzolando sotto ai pochi sassi presenti, sorprendo un bel saragone accostato e pronto alla fuga. Lo colpisco con un corto arbalete armato con fiocina. Il polverone sollevato dal sarago che si dibatte fa’ spostare, consentendomi di individuarlo, un bel cappone, che catturo al tuffo successivo.
Nel frattempo anche Marco ha incrementato il nostro bottino con altri due grossi saraghi. Ormai il pesce presente è sparito completamente e noi siamo piuttosto stanchi. Mancano una quarantina di minuti alla fine della gara, così Marco fa buttare in acqua Carlo per visionare i segnali posti a quote un po’ meno impegnative. Qui, purtroppo, hanno evidentemente già pescato molte altre squadre, a giudicare dalla polvere che fuoriesce dalle tane.
Pur non riuscendo a prendere altro siamo comunque molto soddisfatti del carniere che abbiamo messo insieme, e ci permettiamo il lusso di goderci un po’ di meritato relax prima che la gara abbia termine. Abbiamo pescato ad un ritmo forsennato per oltre 4 ore e sempre a quote molto impegnative, catturando veramente tanto pesce, ma sono molte le compagini temibili in queste acque e durante il lento viaggio di rientro ci assale il timore che qualcuno abbia potuto fare meglio.
Mentre navighiamo veniamo avvicinati dal team del CI.CA.SUB Garibaldi di Livorno: i forti atleti labronici Bellani, Ramacciotti e Paggini, ci mostrano il bel carniere composto da una cernia di peso e una quindicina di pesci, ma quando Carlo apre il gavone che contiene il nostro pescato Stefano Bellani ha un sussulto di stupore ed esclama: “Dè…o dove li avete presi tutti quei pesci?!”.
In quel preciso istante abbiamo, non so perché, la sicurezza di aver conquistato la vittoria, sebbene ancora non si sappia nulla circa i carnieri di molte altre squadre titolate.
Al rientro in porto le voci riguardanti il nostro carniere si sono già sparse e siamo accolti da una festa generale: foto, applausi, riprese, una faticaccia bestiale tenere sollevato quel carniere così a lungo!
Sapere che la compagine del Scs Monte di Portofino, capitanata dal mitico Giorgio Dapiran, sebbene autrice di un bellissimo carniere composto da una ventina di prede, tra cui alcune corvine ciclopiche ed un cernione enorme, non può insidiare il nostro primato ci da’ la sicurezza definitiva della vittoria conquistata.
Solo allora, con ancora le mute addosso, ci tuffiamo nell’acqua del porticciolo di Cannigione, pervasi da una gioia indescrivibile. Ma non c’è tempo per rilassarsi. Dobbiamo andare a farci una doccia e a prepararci per la pesatura, che sancirà la nostra vittoria con un carniere composto da 39 prede valide (per un peso di kg. 28, 88) più due a coefficiente. Al secondo posto il Club Sub Portofino, con 31.510 punti e al terzo posto i livornesi del CI.CA.SUB. Garibaldi con 24.855 punti.
Quello è stato sicuramente uno dei più bei campionati a squadre mai disputati e vi presero parte ben 68 squadre. Alla fine delle operazioni di pesatura sono stato addirittura intervistato, per la prima volta in vita mia, da Stefano Mazzei, una soddisfazione immensa per me, e un ricordo indelebile. Ancora oggi noto spesso con piacere che moltissimi atleti e amici, presenti in quell’occasione, si ricordano di quel campionato e del nostro favoloso carniere.
Da allora molti anni sono trascorsi e ho conseguito molti altri risultati agonistici, ma quella gara ha rappresentato per me una vera svolta, facendomi provare per la prima volta delle emozioni così intense da far si che l’agonismo entrasse a far parte stabilmente della mia vita.
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