Alessio Gallinucci: addio alle gare senza rammarico
Qualche tempo dopo il suo addio alle competizioni, abbiamo voluto intervistare Alessio Gallinucci spaziando tra temi di grande attualità agonistica e la sua nuova passione per la caccia. Uno spaccato del “Gallinuccipensiero” come non lo avete mai letto: critiche schiette, battute graffianti, riflessioni “venatorie” ma sempre con il sorriso sulle labbra, nel perfetto stile che ha reso l’istrione romano uno dei più conosciuti e simpatici agonisti italiani.
Dopo tanti anni di agonismo, gli ultimi costantemente ai vertici della disciplina, hai deciso di smettere, in sordina e senza comunicati stampa. Come e quando hai maturato questa scelta?
La scelta è avvenuta dopo la convocazione e successiva partecipazione al campionato Euroafricano di Tipaza. Me ne sono andato pervaso da un senso di forte rifiuto anche a seguito di una telefonata ricevuta della quale comunque non ho voglia di parlare. Una volta avuta, dopo tanti anni, la possibilità di accedere a questo ambiente diciamo così elitario, mi sono reso conto che ciò a cui anelavo e ciò a cui dovrebbe anelare ogni agonista di rango non faceva per me, semplicemente non mi piaceva l’ambiente, e così dopo 17 anni di agonismo ho deciso di dire definitivamente basta.
Non posso dire cosa avrei potuto fare in nazionale anche perché, se non come barcaiolo, non ci ho mai messo neanche il naso; pur tuttavia mi sono reso conto che era un circolo chiuso, fatto di atleti inamovibili, nonostante i risultati e la forma fisica/motivazione del momento. La Nazionale non mi ha mai preso in considerazione, così come non ha mai preso in considerazione altri atleti che si sono sempre distinti anche se con risultati non eclatanti. In sostanza l’ultimo talent scout fu Giancarlo Giannini, grande tecnico. Non ci dimentichiamo che Renzo Mazzarri non ha mai vinto un titolo italiano eppure si è fregiato di tre titoli mondiali, segno evidente che chi doveva capire, aveva ben compreso di quale agonista di razza si trattasse. Forse oggi Mazzarri avrebbe, molto probabilmente, diversa sorte.
Il recente Europeo di Peniche ha segnato l’ennesima e preannunciata debacle italiana. Cambiano i CT, cambiano gli atleti, ma purtroppo non i risultati: quali sono i problemi da affrontare per risalire la china?
A mio avviso il pesce puzza dalla testa. Salvo l’ottimo Paolo Cappucciati, che stimo sia come uomo che come agonista, il resto della dirigenza in toto, dovrebbe cedere il passo dimettendosi in blocco. E’ vero, hanno portato a casa un titolo mondiale, ma sia ben chiaro un concetto: in una competizione internazionale, dove forse solo dieci atleti fra le varie nazioni sono davvero competitivi mentre i rimanenti dei veri “affogati”, poco più che principianti alle prime armi che fanno anche tenerezza come l’atleta camerunense che, se ben ricordo, partecipò ai mondiali di sci (è molto più difficile vincere un titolo italiano che un titolo mondiale date le forze in campo, credetemi!), ci sta che provando e riprovando si vinca un titolo. Alla fine è un fatto statistico; anche Peppe la Sarpa, dopo trent’anni di selettive, ne vinse una; ma questa è una storia tutta italiana.
2007, Cinisi, dopo una prima giornata perfetta sei costretto al ritiro per un Taravana ma chiudi ottavo finale restando in prima categoria. Se fossi potuto scendere in acqua come sarebbe andata?
Probabilmente avrei vinto il titolo italiano, dico probabilmente, ma è difficile parlare con i se e con i ma. Sta di fatto che nella seconda giornata avevo scovato, tra l’altro, una tana mastra praticamente invisibile anche ad un’ ispezione accurata, all’interno della quale si nascondevano costantemente dai venti ai trenta pezzi di mole. Avevo semplicemente bisogno di portare al peso appena quattro pesci, ma sta di fatto che la seconda giornata non potei disputarla.
Si è da poco concluso, tra mille polemiche, l’assoluto di Marsala, in quello stesso campo che ti ha visto piazzarti 4° nella tua ultima competizione nazionale. Cosa pensi della gara e, soprattutto, dell’immagine che dell’agonismo è venuta fuori da questa manifestazione?
Quello che è successo a Marsala in questo ultimo campionato parla da sé, come parlano da soli altri simili fatti in identiche competizioni. Carnieri dubbi, atleti fuori campo gara ai quali in un recente passato era anche stato consentito lo spostamento per rientravi e solo perché erano nomi eccellenti totalmente fuori forma fisica (nonostante fosse stato ribadito in riunione pre gara che lo sconfinamento valeva la squalifica); insomma due pesi e due misure. Nutro grande rispetto per gli agonisti di rango definibili come tali che si sobbarcano grandi sacrifici per la semplice gloria di un momento. Ho letto che per gli ultimi campionati si sono verificati grossi problemi di organizzazione e me ne dispiaccio, perché nel tempo, tutte le manifestazioni effettuate in Sicilia sono sempre risultate ottimamente organizzate e gestite. L’ospitalità, in Sicilia, è sempre stata il fiore all’occhiello. Chissà cos’ è mai successo…
Si è fatto un gran parlare della superficialità di alcuni giudici di gara, ma spesso anche gli atleti ci mettono del loro: perchè il reclamo è diventato, di fatto, una sorta di tabù? “Cane non morde cane”?
Alcuni giudici dovrebbero farsi un’ analisi di coscienza, guardarsi allo specchio e meditare oggettivamente se davvero sono vocati per tale ruolo. Molto spesso alcuni sono assolutamente digiuni dei dettami della Circolare Normativa e, su richieste, informazioni o eccezioni mirate, cadono dalle nuvole, quando invece la norma sportiva dovrebbe essere il cibo di cui si nutrono. Il fatto è che rinunciare a varie trasferte/vacanze, interamente spesate, “bevande incluse”, risulta evidentemente difficile e non solo ai giudici. Forse è la conseguenza della crisi economica!
Anche gli atleti ci mettono del loro curando esclusivamente il gesto tecnico e non degnando neppure di una semplice lettura la Circolare Normativa o i regolamenti particolari.
Si consideri che è compito dell’atleta mettere tecnicamente in pratica ciò che il regolamento e le norme stabiliscono.
Continua il balletto dei regolamenti che ogni anno cambiano, restando sempre molto distanti da quelli internazionali. Tu che hai gareggiato con le varie formule, quale ritieni più valida e gratificante per gli atleti e quali modifiche suggeriresti per la prossima stagione?
Quella dei regolamenti è una vera pantomima a scopo politico (quale?); divide et impera io credo.
La stessa dirigenza, aspramente contestata nel momento in cui sostituiva la formula a spostamenti liberi con quella a nuoto, oggi si incipria il naso ritornando frettolosamente sui suoi passi, restituendola. E’ da ridere, se non da piangere, dovrebbero fare le valigie ed andare in montagna per la gestione fallimentare.
Ci avevano raccontato che la FAN serviva per porre argine ai numerosi episodi di Taravana istituendo, a metà competizione, un riposo obbligatorio di trenta minuti; e anche io, stanti le motivazioni, ne fui un sostenitore.
Alla fine, commedia nella commedia, i trenta minuti di riposo vennero aboliti e si scese a quindici, durante i quali ci si poteva spostare e controllare mire. Ma la pausa non era per ragioni di sicurezza?
Dunque, anche sulla mia pelle (Terrasini 2007 ndr), sperimentai che la formula a nuoto era assai più pericolosa di quella con gli spostamenti. Quando si pesca a ritmo sostenuto su fondali impegnativi, lo spostamento implica un riposo in gommone, un tempo di recupero, invece stare sempre a mollo e sul pesce per cinque ore, può portare ad episodi di Taravana, oltretutto aumentati a dismisura con la formula a nuoto, molti dei quali mai resi pubblici.
Tra l’altro, in campo internazionale vige la norma con gli spostamenti e dunque in tutti questi anni non si è fatto altro che privare di un bagaglio tecnico importantissimo tutti gli atleti. Chi pagherà per il danno causato?
La vera sciagura dell’agonismo è a monte. La dirigenza attuale si spaccia come unico baluardo della pesca in apnea, come unica soluzione politica, “dopo di noi il diluvio” dicono, ma non è vero ed è solo fumo negli occhi. Già da anni grandina sull’uva appena maturata con le evidenti conseguenze sotto gli occhi di tutti. Mi pare che non ci sia alcun bisogno di ulteriori prove in favore di ciò che affermo. Avranno il decoro di dimettersi ed andarsene a casa? In Italia non solo le poltrone, ma anche le sedie impagliate e mezze rotte rimangono incollate sul culo. La mia paura, nemmeno tanta a dire il vero, considerandomi semplice osservatore esterno e superpartes, e che a questi si sostituiscano altri uguali ed identici, magari con solo un altro cappello in testa ed un vestito differente.
Qual è la gara che ti ha lasciato il più bel ricordo e quale l’amaro in bocca?
Tutte le gare nelle quali ho fatto “risultato” mi hanno lasciato l’amaro in bocca, non sono mai stato baciato dalla fortuna durante il mio periodo agonistico, tutto quello che ho ottenuto, atleticamente parlando, me lo sono strasudato.
Ho avuto l’onore di partecipare, come atleta più giovane, ai campionati di prima categoria a Pula nel 1993 (a dire il vero il più giovane era il povero Francesco Boni, non premiato perché ritiratosi insieme a Molteni ed altri per protesta contro la Federazione).
L’anno prima iniziando le competizioni vinsi con immensa gioia la prima selettiva e mi qualificai per il campionato di seconda a Follonica, era il 1992 e avevo 21 anni. Passai in prima con un cappotto nella prima giornata ed un primo posto nella seconda, davanti a Molteni, mio idolo di sempre, con due tordi ed una super spigola cercata prepotentemente all’aspetto (non fu fortuna come molti dissero, ma ricerca spasmodica del pescione, dichiarata in partenza, per svoltare il risultato disastroso della prima giornata).
Nel 1998 tornato a Pula per la seconda categoria, uno dei campionati più fondi della storia agonistica, preparai una super gara a cernie nell’abbisso. La prima giornata feci una prova di contenimento giungendo ottavo e pescando sui 25 mt sicuro che all’indomani avrei potuto riempire il gommone delle cernie trovate in gran numero durante una preparazione maniacale e molto sicure perchè semplicemente poggiate su piccoli sassi isolatissimi e molto fondi tra posidonia e sabbia, tutte da fulminare in caduta.
Il secondo giorno purtroppo la mia gara durò non più di mezz’ora con sole tre apnee, una cernia a coefficiente ed un’altra di 6 chili. Per una fastidiosissimo barotrauma polmonare dovetti abbandonare la competizione rimanendo con le mani in mano per più di quattro ore sul gommone. Se solo avessi potuto compiere una sola ulteriore apnea e prendere una delle altre facilissime cernie avrei vinto il titolo, ma purtroppo giunsi 3° finale dietro Del Bene e De Silvestri, profondisti per antonomasia.
Nel 2003 ai campionati di seconda all’Elba giunsi secondo con lo stesso numero di prede, un carniere di peso e di valore tecnico superiore a quello del primo. Era la prima gara in cui veniva istituito il coefficiente per specie.
Nel 2007 ai campionati di prima categoria a Cinisi disputai solo la prima frazione, vincendo la giornata, e senza disputare la seconda giunsi ottavo finale.
Nel 2008, anno post taravana, mi confermai ottavo finale in prima categoria e confermai a me stesso che ero ancora in grado di gareggiare, seppure con una tecnica di pesca differente e curando maniacalmente i riposi in superficie.
Nel 2009 a Marsala giunsi quarto assoluto, ma rimpiango di non aver opposto reclamo verso un carniere che a mio avviso conteneva pesce evidentemente mal conservato. Avrei forse potuto fregiarmi del titolo di vice campione italiano, ma non fu così. Tra l’altro, per non infierire personalmente su una situazione già di per sé al limite riguardo chi consideravo un amico in difficoltà, richiesi ad un atleta del mio circolo di restituire la cortesia da me volontariamente accordata al Giro D’Italia e di presentare lui reclamo. Non fu così e mi dovetti accontentare del quarto posto. Ma, tant’è, l’ingenuità fu solo mia.
Nel 2004 e nel 2009 vinsi come capitano di squadra i campionati Italiani per Società, il primo a Follonica e il secondo in casa a Civitavecchia.
A Follonica fu una grandissima soddisfazione perché riuscimmo ad “espugnare” (così c’era scritto su una rivista di settore) un campo ostico da molti anni appannaggio esclusivo dei locali. Un campionato preparato quasi esclusivamente da solo con l’aiuto di un giovanissimo Deiana.
Nel 2009 a Civitavecchia, nonostante una marcatura opprimente ma con un’ottima strategia di gara da me impostata lasciando nel completo buio gli agguerriti avversari, altro oro.
Sempre nei campionati Italiani a squadre, feci altri due bronzi ed un argento, i bronzi nel 1998 a Livorno (altra gara sfortunatissima, oro mancato, con un denticione di circa 10 Kg. mancato per difetto di un fucilaccio mal mantenuto non mio) e nel 2006 credo a Foce Verde. Un argento nel 2003 con Gabriele Grisetti a Campo Marino in Puglia (quell’anno in Campionato Italiano a squadre si svolse a coppie). Sempre con Grisetti un altro argento a Civitavecchia in un Campionato Italiano a Coppie.
Oggi conservo in bacheca, sopra il caminetto, tre bronzi, tre argenti e due ori. La sera con il fuoco acceso ogni tanto me li guardo e sorseggiando un buon liquore indugio malinconicamente con il pensiero su un tempo da poco passato.
Oltre che di pesca sei un grande appassionato di caccia: meglio un volo di corvine o un frullo di beccaccia?
Oltre la passione della pesca, che via via sta scemando forse perché, riprendendo una frase del mio amico Piero, ormai non riesco più ad emozionarmi e il tiro ad un pesce risulta una semplice e banale esecuzione, con scenari visti e rivisti, coltivo con grande soddisfazione la caccia, con il Setter Inglese, alla beccaccia.
Sono un cacciatore cinofilo e da novembre a tutto gennaio mi perdo nella macchia mediterranea alla ricerca esclusiva di questo meraviglioso animale. Alleno tuttavia i cani durante l’anno.
In mare, per ovvi motivi, l’essere umano deve svolgere sia la funzione dell’ ausiliare (cane da caccia) che quella, mi si passi il termine, di vero e proprio cacciatore/esecutore materiale. In sostanza, le due figure, ben distinte nella caccia terrestre (cane e cacciatore), nell’elemento liquido si equivalgono.
Questo, naturalmente, porta l’apneista pescatore esperto a sviluppare o ad accrescere istinti primordiali “sopiti” che, nella fattispecie vengono catalogati dagli addetti ai lavori, come il cosiddetto “senso del pesce”, ovvero la capacità che ha il pescatore in apnea, di riuscire a scovare il “selvatico” applicando definiti schemi / intuizioni consci ed inconsci che lo portano, spesso già dalla superficie, a capire dove scoverà il pesce e dunque anche, tra l’altro, a razionalizzare al massimo il dispendio di energie al fine di raggiungere l’obiettivo.
Questa istintività/capacità innata, riadattata sulla terra ferma mi ha portato, nei miei luoghi, ad intuire, anche in relativo breve tempo, quali posti sono frequentati da determinati animali. Nel mio caso, praticando esclusivamente la caccia alla beccaccia, riesco a, mi sia concesso il termine, percepire ed intuire dove l’animale dimora e a predefinire determinati itinerari e strategie tenendo in considerazioni i fattori quali la luna , il vento, la stagione e la temperatura, così come identicamente uso fare per il mare. Ho anche avuto modo di riscontrare che il comportamento della beccaccia è assai simile a quello di un determinato pesce del mediterraneo e pertanto, applicando gli schemi ed i comportamenti istintuali di cui parlavo sopra, riadattandoli per la terra ferma, riesco spesso, nel peggiore dei casi, a godere dell’incontro con la Regina dei Boschi.
Naturalmente, allo scopo, utilizzo la mia fidata cagnetta Nina ed il suo naso/lavoro, svolgendo in prima persona la vera e propria funzione di conduttore, almeno nelle prime fasi. La eventuale seconda rimessa, lascio a lei suggerirmela anche se, spesso, ci troviamo d’accordo sul da farsi.
Tale argomento, che a me ha aperto sorprendenti scenari e grandi spunti di riflessione anche filosofici, mi porta a fare tante considerazioni ed è bellissimo.
Attualmente sto allevando un altro giovane e promettente setter inglese di quattro mesi.
Una beccaccia cacciata con l’ausilio del cane, facendo le dovute proporzioni, mi dà l’identica soddisfazione di un dentice di dieci chili. In questo momento, sto vivendo la caccia terrestre con gli stessi entusiasmo e passione che avevo a vent’anni per il mare. Dentro di me arde un nuovo fuoco sacro!
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Category: Articoli, Interviste, Pesca in Apnea
Gallina grande agonista, ridendo e scherzando prendeva pesci a ritmo indiavolato.
Ho avuto l’onore di gareggiare con Alessio, persona corretta, Grande fair play, grande atleta.
Sandro Arcieli.