A pesca nei laghi
Uno splendido luccio
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Ho pensato di iniziare la mia collaborazione con Apnea Magazine con una sorta di presentazione della pesca subacquea in acqua dolce.
Anche se si tratta di una realtà ormai consolidata da molti anni, l’esistenza di una estensione del nostro sport rivolta ai laghi è scarsamente conosciuta o addirittura ignorata dall’opinione pubblica e spesso anche dagli appassionati di pescasub marina.
La pesca subacquea in acqua dolce nasce ufficialmente circa trent’anni fa, soprattutto ad opera della grande passione di Roberto Palazzo.
Sotto la sua entusiastica spinta, infatti, nascono i primi campionati e le prime competizioni che sanciscono,agli occhi di tutti, la nascita della pesca subacquea in acque interne.
I bacini lacustri ove è possibile praticare la pesca subacquea sono tre: Garda, Como e Iseo. Ma anche in questi specchi d’acqua, la nostra disciplina è praticabile solo in tratti ben definiti e nei limiti imposti da normative locali piuttosto restrittive.
L’evoluzione di questa pratica è stata veloce come la sua diffusione: fino a circa quindici-venti anni or sono i sub che scendevano oltre i dodici, tredici metri si contavano sulle punte delle dita di una mano.
In effetti non vi era affatto bisogno di spingersi oltre, i fondali compresi tra i cinque e gli otto metri erano ricchi di anguille e tinche. I cavedani abbondavano, mentre ben poco si sapeva di lucci e persici reali.
La cattura dei primi era un caso assolutamente raro e legato alla fortunata coincidenza di incontrare un esocide nel bassofondo algoso a caccia di prede.
La notizia della cattura di un luccio di peso superiore ai cinque-sei chili impiegava solo un paio di giorni per fare il giro dei club e degli appassionati gardesani.
I persici reali invece erano abbastanza rari nel senso oggettivo del termine. Una situazione che oggi si è completamente ribaltata grazie alla massiccia opera di semine effettuate nel Benaco.
Pensate che ai giorni nostri, in alcuni punti, il sub all’aspetto viene letteralmente circondato da branchi di piccoli persici reali.
Per quanto riguarda gli individui di taglia superiore invece bisogna, oltre che individuare le zone adatte, spingersi a profondità maggiori, inoltre con la crescita il persico tende ad abbandonare lo stato di gregariato giovanile per isolarsi, in maniera graduale, proporzionalmente all’aumento delle dimensioni.
Una necessità facilmente spiegabile con il bisogno di maggiori quantità di cibo, possibilmente da non dividere con altri componenti del branco.
Abbandoniamo la descrizione della fauna lacustre ripromettendo di tornarvi in futuro con analisi dettagliate.
Grazie a questo magnifico carniere di tinche, la squadra dell’Apnea Club Brescia si è aggiudicata il campionato italiano per società. Al centro, l’autore dell’articolo.
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Parlavamo di aspetto. Ricordo che stiamo parlando degli anni settanta-ottanta, cioè un periodo in cui la pesca all’attesa era sconosciuta alla stragrande maggioranza dei pescatori d’acqua dolce. Anche in questo caso le cose sono notevolmente cambiate, ed all’alba del terzo millennio anche i tre bacini lacustri ove si può pescare con il fucile conoscono veri e propri esperti di pesca all’aspetto.
Anche se la tecnica è molto simile a quella adottata al mare, l’attesa lacustre subisce sostanziali variazioni. La più evidente riguarda il nascondiglio: i tre laghi in questione infatti presentano, chi più chi meno, le stesse caratteristiche: pareti rocciose ripide e scoscese nella parte settentrionale e ampie porzioni pianeggianti nella zona centro-meridionale. Queste ultime presentano quasi totalmente un fondale di fango che non concede significative asperità dietro cui celarsi.
Complice la visibilità ridotta, al sub non è rimasto che affidarsi all’assoluta immobilità per incuriosire il pesce. Vi assicuro che coloro che sono dotati di buona tecnica realizzano ottimi carnieri pur pescando allo scoperto. Anche se, ad onor del vero, bisogna tener conto di una minore diffidenza da parte della fauna lacustre.
Si pratica l’aspetto dalla primavera fino a metà autunno, fuori da tali limiti le prede vivono a profondità elevate o si ritirano in una sorta di semiletargo che li rende poco attivi per farsi incuriosire dall’aspetto.
Tinche, lucci, cavedani, persici e boccaloni sono le principali prede dell’aspettista di acqua dolce.
La seconda tipologia di pescatori subacquei presenti sui laghi è rappresentata dagli specialisti della pesca all’anguilla.
Come dicevamo, tempo addietro i serpentiformi abbondavano nella fascia compresa tra i cinque ed i dieci metri, soprattutto nella bella stagione. Oggi, pur restando possibile realizzare buoni carnieri di anguille a tali batimetriche, è innegabile che i serpentoni abbiano notevolmente abbassato la profondità della loro dimora. In definitiva oggi gli specialisti della pesca all’anguilla realizzano i migliori carnieri operando dai 17 ai 25 metri.
Manca un particolare che caratterizza questo tipo di pesca, ma è un argomento che toccheremo dopo, allorché tratteremo di altre tecniche che hanno la profondità di esercizio quale caratteristica di base.
Da circa quattro anni un’altra tecnica marina ha trovato applicazione anche in acqua dolce: si tratta della pesca in caduta.
Vi ricordate che all’inizio della nostra chiacchierata vi dicevo che i lucci rappresentavano una cattura occasionale? Bene, oggi non è più così, anzi possiamo tranquillamente affermare che ai giorni nostri è possibile impostare una battuta ai grandi lucci del Garda con buone probabilità di successo.
Anche in questo caso però servono doti, sicuramente atletiche ma anche e soprattutto psicologiche.
E qui torniamo alla pesca delle anguille, cioè i casi in cui si deve scendere in profondità per effettuare catture.
Se si esclude il periodo invernale in cui pochissimi sub lacustri praticano ugualmente la pescasub ed ancora meno scendono con mute da almeno sette millimetri oltre i venti metri, per il resto dell’anno le acque si presentano estremamente torbide, diciamo che la visibilità media si aggira intorno al metro e mezzo, massimo due.
In simili situazioni ambientali non è difficile immaginare che oltre una certa profondità la luce solare non riesce a penetrare.
L’autore dell’articolo
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Anzi, vi dirò di più: nel lago d’Iseo, in piena estate, sotto i 17-18 metri è notte fonda!
Le cose migliorano leggermente negli altri due bacini, Garda e Como, ove in ogni caso il buio, oltre una certa quota, è inquietante ed opprimente.
Insomma, vi assicuro che servono nervi piuttosto saldi ed un costante allenamento per non perdere l’abitudine alla buia profondità del lago.
Per completare questo primo quadro generale della pesca subacquea lacustre,vorrei darvi le temperature dell’acqua dei bacini sopraelencati nell’arco dell’anno, che vanno da un massimo di 25-27 gradi estivi, ai 5-7 gradi invernali, sempre misurati alla superficie.
Come vedete, un’ escursione termica di circa venti gradi da un capo all’altro dell’anno.
Un dato importante che evidenzia notevoli cambiamenti psicofisici per coloro che effettuano battute in queste acque.
Le attrezzature sono assolutamente le stesse utilizzate per la pesca in mare, anzi, con l’aumentare delle profondità di esercizio, hanno preso sempre più piede le pinne al carbonio che indubbiamente concedono la possibilità di incrementare le proprie prestazioni.
Semmai, la vera differenza riguarda mute e zavorre: le prime risentono dello sbalzo termico – poc’anzi descritto- che i laghi hanno nell’arco dell’anno. In poche parole, si va da un indumento composto da giacca da cinque millimetri e pantaloni da tre per la bella stagione ad un completo di non meno di otto millimetri per la giacca e di cinque per i pantaloni nel periodo più rigido.
Sia chiaro, comunque, che nel periodo rigido anche la migliore attrezzatura possibile non concederà più di un paio d’ore di autonomia, trascorso tale limite si debbono fare i conti con violenti attacchi di freddo.
Dimenticavo, per tutto l’arco dell’anno sono consigliati calzari e guanti di spessore adeguato. Benissimo anche un bel paio di bermuda per meglio sigillare la giuntura giacca-pantalone a basse temperature.
Come dicevamo anche la zavorra subisce un drastico mutamento rispetto a quanto usato in acqua salata: volete un esempio? Personalmente, quando pesco in profondità con la bella stagione uso uno, massimo due chili. Con lo stesso tipo di attrezzatura ed alla stessa profondità al mare non indosso meno di quattro-cinque chili.
Dei fucili parleremo dettagliatamente nei prossimi articoli, anche se penso non sia difficile immaginare l’adozione di armi piuttosto corte. Attenzione però, anche nei laghi è possibile usare “cannoni” da cento-centoquindici centimetri.
Per il momento, però, vi lascio nella curiosità: nel prossimo articolo svelerò perché e a chi sono indirizzati.
Ecco, siamo partiti, se me lo concedete vi guiderò in un ambiente mistico, buio e misterioso.
I suoi paesaggi lunari sono percorsi da una fauna straordinaria, le cui abitudini sono spesso ancora avvolte da un intrigante alone di mistero.
Ad esempio potrei parlarvi del…
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