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A pesca con Andrea Calvino

| 22 Giugno 2003 | 0 Comments

Andrea Calvino, 25 anni e laureando in Antropologia, è l’ultimo degli agonisti entrato a far parte del Team Omer. Grande portamento e disponibilità gli hanno valso da subito massima considerazione e rispetto da parte dei meno giovani del Team. Attualmente è impegnato nel circuito Nazionale del Trofeo Sporasub in coppia con il forte atleta laziale Alessio Gallinucci; i due realizzano ottimi piazzamenti con regolarità. Quando ci siamo salutati, Andrea mi ha detto che sarebbe andato a Siracusa a fare da secondo a Leonardo Cagnolati, atleta del Circolo Subacqueo Grossetano impegnato nel campionato Nazionale assoluto di prima categoria.


Io e Andrea ci incontriamo ad Olbia, ed immediatamente nasce una grande amicizia. Malgrado la differenza di età, io 41 e Andrea 25, ci troviamo subito in perfetta in sintonia. Messe a punto le attrezzature decidiamo di affrontare la giornata di pesca, e così variamo il mio gommone; raggiunto il luogo di pesca, abbiamo un breve scambio di opinioni per pianificare la strategia e, dopo aver indossato le mute, entriamo in acqua.

Scegliamo di passare in rassegna la batimetrica dei venti metri, sperando di incontrare saraghi e corvine.
Con ritmo e continui su e giù ci alterniamo in continue planate finalizzate all’esplorazione dei massi di granito presenti sul fondo. Notiamo una grande presenza di piccoli saraghi, ma per un po’ non avvistiamo prede degne di attenzione. Passa il tempo, e dopo due ore nessuno dei due ha ancora avvistato un pesce decente; solo Andrea ha sfiorato la cattura di un bel barracuda prossimo ai quattro chili dopo un aspetto sul filo dei venti metri nel taglio di acqua fredda. La scelta di indossare la giacca da 5mm e i pantaloni più sottili si è rivelata azzeccata e il taglio freddo non crea problemi eccessivi, ma purtroppo lo smaliziato barracuda, che in un primo momento sembrava incuriosito, è schizzato via prima che Andrea potesse metterlo a pagliolo.

Trascorsa una buona parte di tempo senza catture, di comune accordo decidiamo di concentrare l’attenzione sui punti che offrivano dei sommi in granito con grotto alla base. La scelta è stata vincente, dopo pochi tuffi abbiamo avvistato un grosso branco di corvine, con pesci dai tre etti in su e diversi esemplari prossimi ai due chili.

Il primo tiro spetta di diritto ad Andrea: il branco è lì sotto di noi, l’imboccatura della tana resta a 21 metri e si tratta di riuscire a sparare senza spaventare le altre numerosissime corvine, soprattutto gli esemplari più grossi. In brevi attimi Andrea prepara il tuffo effettuando la respirazione in completo rilassamento. Due inspirazioni lente ed una bella boccata d’aria ed ecco che sparisce verso il fondo con agilità, decisione ed eleganza.

Giunto sul fondo, lo vedo adagiarsi: la spaccatura con le grosse corvine è ora davanti a lui, ma con calma e decisione Andrea aspetta che una delle più grosse gli offra il fianco: la sua scelta cade su un grosso esemplare isolato al margine del branco. Con grande precisione scocca il tiro con il suo medio arbalete, e immediatamente la recupera con movimenti dolci e grande calma. Una volta estratta la corvina dalla tana la porta verso il corpo per risultare più idrodinamico e, sempre con calma, si stacca dal fondo e risale. La grossa corvina è stata fulminata, e l’intero branco resta compatto nella spaccatura. Una volta raggiunta la superficie Andrea mi da il segnale di ok, ed io che ho preparato il tuffo mentre attendevo la sua riemersione sono pronto a scendere.

L’acqua cristallina è invitante, la sua trasparenza permette di vedere e leggere il fondo fin dalla superficie: scendere in queste condizioni ha un fascino particolare. Giunto sul fondo mi adagio ad alcuni metri di distanza dalla lunga spaccatura, e prima di affacciami nella tana sento il classico canto delle corvine, abbastanza forte.

Striscio sul fondo con l’aiuto della mano sinistra e mi affaccio alla spaccatura. Davanti mi si presenta un bellissimo carosello di corvine, ed immediatamente l’occhio cade su uno degli esemplari più grossi e, per fortuna, quasi isolato. Il pesce è posizionato di muso di fronte a me, e dopo averlo puntato di fronte lascio partire la freccia lo trafiggo, fulminandolo. Estratta la preda dalla spaccatura, la porto in superficie senza problemi. E’ di nuovo il turno di Andrea, anche lui raggiunge il fondo a qualche metro di distanza dalla spaccatura per poi avvicinarvisi lentamente. Mentre avanza, lo vedo immobilizzarsi per poi cambiare decisamente direzione e scendere qualche metro più in basso verso alcune spaccature orizzontali su sabbia. Con disinvoltura infila il capo in una delle aperture e immediatamente fa partire il colpo: in un attimo, eccolo che sfila l’asta su cui troneggia una grossa corvina. Mentre risale tenendo la preda fra le mani, mi fa dei cenni per indicarmi che in quelle spaccature ci sono altri pesci di mole.

Una volta riemerso, Andrea mi spiega di aver avvistato un’altra grossa corvina accanto a quella che ha appena catturato e mi spiega dove è andata ad infilarsi, intorno ai 24 metri di profondità. Impugnato un corto arbalete, preparo il tuffo e, una volta effettuata la capovolta, mi dirigo verso il fondo puntando direttamente la tana. A pochi metri dalla chiazza di sabbia interrompo la pinneggiata e mi lascio cadere dolcemente sul fondo, dove arrivo in posizione quasi orizzontale per evitare di sollevare troppa sospensione. Mentre atterro sul fondo, il forte canto ritmico denuncia la presenza di un buon numero di corvine: mi affaccio puntando l’arbalete nella direzione indicata da Andrea, e nonostante il buio riesco ad intravedere in fondo al buco una pinnetta ventrale bianca, segno che aiuta spesso ad individuare questo pesce, altrimenti ben mimetizzato grazie alla sua livrea bronzea.
Una volta abituato l’occhio all’oscurità, mi appare uno scenario sorprendente: diverse grosse corvine girano come in un carosello all’interno della tana. Ne punto una più isolata sulla destra, miro in testa e premo il grilletto: la scelta dell’arbalete mi premia, ed in un attimo estraggo la preda evitando scodate conseguente polverone.

In superficie ci accorgiamo che dal foro di uscita dell’asta escono delle uova: consapevoli dell’inopportunità di ulteriori catture decidiamo di lasciar perdere il resto del branco, le quattro corvine a pagliolo saranno più che sufficienti per la cena…..inutile catturane ancora.

Olbia è lontana, non abbiamo ghiaccio per conservare le prede e non vogliamo che il caldo le rovini, così facciamo un ultimo tuffo per curiosare, prendiamo le mire della tana e risaliamo in gommone, commentando l’esperienza con sorrisi e buon umore. Vogliamo ispezionare un sommo di granito quasi affiorante individuato in precedenza, meglio non perdere altro tempo.

Giunti sul posto, ci immergiamo di nuovo: il sommo è caratterizzato da un paio di grossi massi alla base ed alcune spaccature nel grotto, che esploriamo con una serie di tuffi senza esito.
Inizio a pensare che la pescata sia finita con le corvine quando sento che Andrea ha sparato: mi avvicino e vedo che ha appena catturato un sarago maggiore solitario sotto un masso di granito.

La scelta di Andrea di controllare sotto i massi è azzeccata, infatti dopo alcuni tuffi intravedo due saraghetti fasciati che entrano ed escono dalla base spaccata di un masso: segno caratteristico della probabile presenza di saraghi maggiori. Raggiunto il fondo, assumo la classica posizione a testa in giù per osservare l’interno della tana senza dovermi distendere tra pietre e sporgenze. Appena mi affaccio, individuo il capo di sarago maggiore spuntare da dietro un masso: riesco a vedere solo la punta del muso, e non posso tentare il tiro anche perché il muso a contrasto con la roccia difficilmente permetterebbe all’aletta della tahitiana di passare e fare presa.

Torno su e avverto Andrea della presenza del pesce e sulla sua posizione. Senza perdere tempo, Andrea mi passa il suo corto arbalete armato di fiocina, ideale per una cattura in queste condizioni. Scendo nuovamente e con un po’ di fortuna trovo il sarago nella stessa posizione: miro cercando di far andare a segno almeno due punte della fiocina e sparo, colpendo la preda. Dopo una scodata, il sarago esce dal suo nascondiglio, facilitando il recupero. In superficie sono sorridente: erano anni che non utilizzavo la fiocina!

Di comune accordo, decidiamo di concludere la nostra battuta, ed una volta risaliti in gommone scattiamo alcune foto di rito con le prede.

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