Parliamo di tecnica: la pesca all’agguato
L’agguato può essere collocato tranquillamente tra le tecniche regine della pesca in apnea. Tra queste è una delle più affascinanti ma anche anche una delle più pericolose. Per chi non ha maturato esperienze in fatto di pesca il consiglio è uno solo: “desistere”.
L’agguato è una tecnica che si raffina in tanto tempo e si pratica prevalentemente in condizioni di mare mosso, anche se può ritenersi efficace in qualunque situazione meteo. La pesca all’agguato è la tecnica di “caccia” principe: per quanto si operi sott’acqua, si fariferimento alle azioni di caccia adottate in natura da tanti animali, ed in particolar modo dai felini. A differenza di altre tecniche necessita di moltissimi accorgimenti e può essere adottata con successo dalle quote più basse sino a quelle più profonde.
Nel testo farò riferimento a tre tipi di agguato divisi per “livelli”, affinché tutti possano avere una chiara visione e poterne fare una adeguata valutazione: le quote operative fanno la differenza e serve conoscere sé stessi e riconoscere il proprio bagaglio d’ esperienza:
AGGUATO DI SUPERFICIE – è quello praticato in poca acqua, dove i meno esperti hanno l’obbligo di raffinare la tecnica e maturare esperienza, si opera da 0 a massimo 5-6 metri;
AGGUATO NEL BASSOFONDO – inteso fino ai 15 metri. Necessita di esperienza e grandissima preparazione psico-fisica;
AGGUATO PROFONDO – Sconsigliato a tutti, è quello che si effettua oltre i quindici metri di profondità. A praticare questa tecnica sono pochissimi grandi campioni e pescatori espertissimi che vanno in acqua in tutto il periodo dell’anno con grande preparazione fisica, allenamento “vero” in mare e doti naturali. Sconsigliatissimo alla grande massa, è una tecnica riservata a pochi.
CENNI GENERALI
A differenza di tutte le altre tecniche, il peregrinare sul fondo in azione dinamica, comporta necessariamente una grandissima ed adeguata acquaticità, fattore che si raggiunge solo e soltanto quando l’organismo è al massimo della forma e si è raggiunto il massimo adattamento all’acqua. Queste condizioni fisiche sono riscontrabili solo quando nelle lunghe ore di pesca si raggiunge un totale benessere fisico. L’agguato è una tecnica di pesca che si effettua in movimento: si deve avanzare e scivolare rasentando il fondo in assoluto silenzio, tra scogli affioranti e sommersi, con l’obiettivo di avvicinare i pesci per sorprenderli nel loro girovagare o mentre si cibano.
IL FATTORE SORPRESA
Il fattore sorpresa è determinante ai fini delle catture, e la tecnica raffinata porta alla cattura dei pesci più smaliziati e di valore: l’agguato di superficie, di bassofondo e profondo permettono di insidiare qualunque preda, ed i primi due in particolare consentono anche la cattura della regina dei pesci smaliziati, l’Orata. L’agguato si pratica con successo solo dopo aver dedicato attenzione a tutti gli aspetti della battuta e richiede la capacità di applicare al meglio tutte le tecniche di pesca, che si mescolano in questa particolare azione, ed una grandissima abilità. L’istinto è fondamentale, e svilupparlo è il massimo per un pescatore: infatti, grazie all’istinto egli si mostrerà più abile nelle scelte che farà prima di qualunque azione dinamica. L’abilità del pescatore sta nello scegliere i punti dove mettere in pratica la tecnica, il più delle volte immaginando di incontrare un pesce o avvistandolo dalla superficie.
LE ATTREZZATURE
L’ attrezzatura è simile a quella per la pesca all’aspetto, ma a differenza di questa le armi non devono essere eccessivamente lunghe. La scelta della misura deve essere adeguata allo stato di trasparenza dell’acqua: i diversi tratti di costa del territorio nazionale presentano caratteristiche anche molto diverse e legate a fattori come la tipologia del fondale, la presenza di fiumi e acquitrini, le correnti predominanti. Nell’acqua cristallina e trasparente della Sardegna dove pesco solitamente, preferisco gli arbalete da 90 centimetri; acque più torbide porteranno alla scelta di un fucile da 75-82 cm. Dotare i fucili di un mulinello non eccessivamente ingombrante è quasi sempre d’obbligo, ormai in commercio la scelta è vasta e si trovano mulinelli adatti a tutti. La maggior parte delle volte si spara d’istinto o d’imbracciata e non sempre i tiri sono perfetti, il mulinello serve per agevolare i recuperi di pesci colpiti male che finirebbero per strapparsi, oppure in quelle occasioni non troppo rare con prede di peso molto combattive. La muta deve permettere benessere termico, deve essere sufficientemente elastica di colore neutro o mimetizzato in base alle caratteristiche del fondale in cui si opera.
Le pinne devono essere reattive, nelle azioni dinamiche devono essere dolci senza produrre rumori, risultando però forti e potenti nella spinta verso l’alto, ossia efficienti al massimo dal momento dello stacco fino all’arrivo in superficie. Calma e rilassatezza devono accompagnare il pescatore in tutta l’azione di pesca, mentre le azioni di forza sono sempre da evitare. A differenza di altre tecniche, l’agguato richiede un enorme risparmio d’ energia e l’abilità sta nel riuscire a muoversi bruciando il meno possibile. Si deve iniziare a risparmiare fin dalla superficie: i movimenti devono essere dolci e mai di forza nel guadagnare il fondo, è preferibile “volare” o lasciarsi cadere piuttosto che raggiungerlo pinneggiando. Sul fondo si deve avanzare con la massima discrezione e l’azione deve essere curata a beneficio della cattura e della sua ultima fase, vale a dire la risalita.La massima attenzione si deve concentrare sulla zavorra, che varia a seconda delle quote operative. Per l’agguato di superficie e quello di bassofondo è quasi d’obbligo distribuire il peso sul corpo dividendolo sulla schiena e sulla vita. L’uso di cavigliere non è sempre necessario, ma sarà preferibile l’uso da parte di coloro che hanno una corporatura grossa o quando si usano pantaloni di maggior spessore. Le persone più agili ed esili ne possono tranquillamente fare a meno, ed evitare che le pinne vengano a contatto con il fondo, producendo dei rumori che allerterebbero i pesci. Nell’agguato profondo la miglior scelta è quella di dotarsi di una sola cintura sulla vita e con una pesatura calibrata.
NELL’AGGUATO DI SUPERFICIE…
…la zavorra deve permettere di scendere agevolmente dopo aver preparato perfettamente il tuffo. A tal proposito, si tenga bene in mente che non bisogna mai iperventilare o forzare la respirazione, perché è pericoloso per la nostra sicurezza. Il tuffo si prepara in massima rilassatezza, ed è necessario effettuare degli atti respiratori lenti: personalmente inspiro aria lentamente per una decina di secondi e la espiro in circa quindici, gli atti che effettuo variano da quattro ad un massimo di sei.
Mentre preparo il tuffo, sono solito passare in rassegna il corpo e memorizzo il tragitto che devo effettuare; difficilmente cambio qualcosa durante l’azione di caccia, preferisco desistere e ripetere l’operazione. E’ piacevole immaginare cosa si può incontrare peregrinando sul fondo, a volte le catture assomigliano a sogni che si realizzano. Il piacere riguarda tutta l’azione, anche se è la cattura a costituire la massima gratificazione. Le azioni a vuoto ben eseguite portano ad aumentare il bagaglio d’ esperienza, producono ugualmente soddisfazione e divertimento.
Come assetto è preferibile essere neutri o leggermente negativi immediatamente dalla superficie, e l’adozione dello schienalino o di un gilet permette di effettuare l’operazione con successo. Così zavorrati la profondità massima che si può raggiungere è di pochi metri, al massimo 5-7mt e superare questa soglia è pericolosissimo. Il più delle volte si parte strusciando gli scogli in superficie e su questo movimento si devono concentrare la scelta dello schienalino e della zavorra che devono essere perfettamente calibrati per non produrre vibrazioni. Infatti quando si agisce in poca profondità e in condizioni di mare calmo i pesci stanno in uno stato di allerta massimo e la produzione di qualunque vibrazione mette a discapito il successo di cattura. Se si opera in condizioni di risacca o mare mosso le vibrazioni verranno coperte dai marosi a garanzia di maggiore successo. Si deve risparmiare quanto è più possibile nei movimenti in fase di discesa, si utilizza la mano libera per avanzare sul fondo sfruttando gli scogli, le asperità o le alghe, le pinne servono per avanzare dolcemente e non sempre è necessario pinneggiare, si può avanzare agendo sulle caviglie. Le pinne hanno la funzione di spingere ed agire da timone nelle fasi di avanzamento, la pinneggiata vera e propria si effettuerà nel riguadagnare la superficie.
Tutti i segnali dell’organismo devono essere monitorati con attenzione ed ogni minimo sintomo di stanchezza, disagio o anossia deve portare a cessare l’azione, desistere e riguadagnare la superficie. Mi soffermo ancora a rimarcare il fatto che il tuffo si studia dalla superficie, e dalla superficie si sceglie il breve tragitto da seguire: in altre parole, è impensabile cambiare itinerario dopo essere scesi sul fondo, fattore che comporterebbe l’aumento di rischio ed esposizione a pericolo. Le azioni devono consistere in tragitti brevi sul fondo e le apnee devono essere corte. E’ preferibile il ritmo e continue brevi azioni piuttosto che lunghe peregrinazioni a fondo. Uno dei segreti maggiori oltre la scelta del punto è il “ritmo” e la “costanza”: le lunghe azioni non portano a niente se non a ridurre la sicurezza. Le lunghe apnee e le prestazioni esagerate portano l’organismo a stancarsi in tempi brevi a discapito dell’obiettivo principale che è divertirsi ed effettuare catture nell’arco di un’ intera battuta.L’AGGUATO NEL BASSOFONDO
A chi si spinge oltre i pochi metri dell’agguato di superficie, consiglio di fissare come quota massima di profondità la batimetrica dei 15 metri. Per quanto riguarda le attrezzature, è necessario variare l’assetto della zavorra e le pinne dovranno essere maggiormente reattive e performanti, in quanto dovremo riguadagnare la superficie da una profondità maggiore. Come nell’agguato di superficie, si dovrà guadagnare il fondo risparmiando al massimo le energie, per poi avanzare sfruttando maggiormente la mano libera ed effettuando sempre movimenti dolci con le gambe; per avanzare si agisce sulle pinne preferibilmente a livello delle sole caviglie, aspetto questo che impone la scelta di pinne di qualità. Il movimento dell’azione si concentrerà nelle fasi di risalita, ma si tratterà sempre di movimenti dolci e armoniosi, mai di scatti o azioni di forza. Chi utilizza lo schienalino dovrà ridurne il peso, che sarà molto minore rispetto allo schienale utilizzato nell’agguato di superficie.
Operando sotto i dieci metri, lo schienalino deve pesare al massimo un paio di chili per i più esili e poco più per i più corpulenti, mentre la gran parte della zavorra sarà distribuita in cintura; già a queste quote (10-15 mt) lo schienale si può anche evitare. Nelle azioni di agguato nel bassofondo lo schienalino non deve mai essere attaccato alla cintura: schienale e cintura devono risultare accessori indipendenti. Per questo tipo di azione, si considerino i vantaggi di un gilet rispetto agli schienalini tradizionali: a differenza di quest’ultimi, i gilet permettono di variare il peso anche in acqua e consentono di indossare la cintura sopra, evitando lacci, agganci automatici etc. In caso di pericolo la cintura deve essere sempre sganciata ed abbandonata.
Le armi devono essere agili e veloci, con un ottimo brandeggio: quest’ultima caratteristica è essenziale, perché ci troveremo spesso a dover ruotare il polso per puntare la preda, ed i fucili di massa consistente possono rendere più difficoltosa la manovra e precludere la cattura. Anche a queste quote si confermano più adatti gli agili e leggeri arbalete, anche se alcuni preferiscono gli oleopneumatici.
L’AGGUATO PROFONDO
E’ in assoluto la tecnica di pesca in apnea più pericolosa. Le quote operative al di sotto dei quindici metri fanno sì che le azioni dinamiche comportino un pericoloso dispendio di energie e fiato a partire dalla superficie; le distanze si fanno enormemente più grandi e il debito d’ossigeno mette a repentaglio la sicurezza di tutti, anche dei più dotati, abili ed esperti.Ad effettuare questa tecnica sono pochi veri esperti dotati di grande esperienza e grande allenamento: l’unico consiglio che si può rivolgere a tutti è quello di desistere dall’effettuarla. E’ infatti molto difficile calcolare dalla superficie il dispendio delle energie o le situazioni che si possono presentare sul fondo. L’ agguato profondo è identico a quello di superficie con riferimento alle prede, il pericolo vero sta nella differenza delle quote operative. E’ preferibile concentrarsi su altre tecniche come la pesca in caduta, in acqua libera o in tana, è inutile mettere a repentaglio la propria vita soprattutto quando è dimostrato che i pesci da agguato profondo si catturano con grande successo anche con altre tecniche che offrono un parametro di sicurezza enormemente maggiore.
CONSIGLI
Consiglio a tutti, ma proprio a tutti di valutare la descrizione dell’Agguato profondo e desistere dall’effettuarlo. Saraghi e corvine si catturano ugualmente con altre tecniche, mentre per quanto riguarda le cernie i più abili riescono a colpirle in caduta con lunghi fucili, evitando che queste si arrocchino, oppure, se offrono la testa, si colpiscono in tana…negli altri casi, è meglio rimandare la cattura ad un’altra occasione. Date tempo al tempo: con certi pesci è meglio desistere e ritentare piuttosto che rischiare. Il dentice si cattura con maggiore successo con la tecnica dell’aspetto, che comporta l’assenza di movimenti dinamici sul fondo, così anche altri pesci di rango come i pelagici, le orate ed altre specie. Non fatevi ingannare da ciò che riescono a fare i campioni, fate delle giuste scelte in base alle vostre capacità. Ricordate che l’agguato di superficie e del bassofondo sono già tecniche per massimi ed abili esperti. Per diventare padroni della tecnica è necessario un lunghissimo tempo, e i movimenti vanno ripetuti e raffinati fino alla noia. L’agguato di Superficie, del Bassofondo e quello Profondo rimangono tra le tecniche più difficili ed impegnative in assoluto per tutti…
LA BOA SEGNASUB
In chiusura mi soffermo un attimo sulla boa segnasub: è preferibile usare un terminale in piombo, io uso due piombi sferici del peso di un etto ciascuno montati su un terminale di monofilo dotato di moschettone finale. Il terminale lo tengo in mano e lo abbandono sempre qualche metro prima di effettuare l’agguato. La scelta dei piombi di forma sferica è d’obbligo, infatti questi difficilmente andranno ad incastrarsi nel fondo. Così facendo la boa andrà sempre a coprire la zona di caccia, permettendo nelle azioni dinamiche di essere liberi ma adeguatamente e costantemente segnalati. Oltre essere un obbligo di legge, la boa segnasub permette di indicare sempre il raggio d’azione al compagno ed aumenta la nostra sicurezza. Qualora si dovesse sganciare la cintura per qualunque motivo, questa può essere facilmente recuperata pedagnando il punto e chiedendo l’aiuto del compagno che provvederà ad agganciarla al moschettone del terminale.In questa situazione è sempre preferibile agganciare col moschettone la zavorra a fondo per poi recuperarla tranquillamente dalla superficie.
[consigli sull’allestimento della boa segnasub si trovano in questo articolo].
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