Nicola Riolo: grinta inesauribile
Scorrendo l’Albo d’Oro dei Campionati Assoluti di pesca in apnea FIPSAS, dobbiamo tornare indietro di oltre vent’anni per imbatterci nel primo titolo conquistato dal campionissimo siciliano Nicola Riolo. Dall’assoluto di Marina di Noto del 1983, conquistato davanti a Enzo Liistro e Antonio Toschi, Nicola Riolo ha saputo ripetere l’impresa mai riuscita ad un campione indiscusso come Renzo Mazzarri per ben quattro volte negli anni ’87, 90, ’93 e 2001, giungendo ad un totale di 5 titoli assoluti. Nella classifica dei migliori agonisti di sempre, Nicola Riolo si colloca al vertice con 5 titoli insieme a Scarpati e Gasparri, seguito da Antonio Toschi con 4 titoli assoluti e da Ennio Falco e Aldo Calcagno, che seguono a quota 3.
Ci racconteresti qualcosa sul tuo rientro in Nazionale in occasione del Campionato Europeo per Nazioni?
Come ho già avuto modo di dire al Dr. Magno, che ci ha accompagnato all’Europeo del Portogallo, ho veramente apprezzato l’atteggiamento di collaborazione spassionata non solo degli atleti, ma anche della Federazione, che ha messo a disposizione una serie di meccanismi adatti a fare un buon risultato. Considerando i soli due giorni a disposizione per la preparazione, tutto sommato, credo che il risultato sia stato più che positivo. Bisogna considerare, infatti, che quando siamo arrivati tutte le altre squadre si trovavano già sul posto, anche quelle che solitamente arrivano all’ultimo istante.
Chiaramente, dispiace vedersi sfuggire il secondo posto per una manciata di grammi, ma credo che si possa essere soddisfatti lo stesso, perché bisogna sapere non solo accettare, ma anche pesare le sconfitte e comprenderne le ragioni. Nel caso specifico, il risultato è sicuramente mancato per una carenza di preparazione e non per lo scarso livello tecnico della squadra. Perlustrare il campo gara con dieci atleti per quindici giorni come ha fatto la Spagna non può non avere peso sull’esito di una gara decisa da gronghi e mostelle.
Come ti sei trovato con i compagni?
Bisognerebbe chiedere a loro come si sono trovati con me. Ho sempre tentato di profondermi in un gioco di squadra spassionato in tutte le occasioni in cui sono stato presente in eventi internazionali, quindi sarebbe bello chiedere ai miei compagni se in questa occasione i miei sforzi hanno dato buoni frutti. Da parte mia ho trovato in Ottavio Micalizzi e Sandro Mancia dei compagni eccezionali, ragazzi pronti a mettersi da parte quando c’è da fare una scelta prettamente tattica e a lasciarsi guidare in quella che a mio avviso poteva essere la scelta migliore. Atleti che sott’acqua non hanno nulla da invidiare ai grandi campioni con cui mi sono confrontato, compagni con cui ho vissuto un’avventura senza invidie, ma, al contrario, di grande coinvolgimento: un’esperienza indimenticabile.
Tutti conoscono il tuo palamares, le tue doti, il tuo senso strategico, la tua versatilità in basso fondo come a profondità rilevanti. Eppure sei stato lontano dalla nazionale per molti anni. Che tipo di problema si è verificato, secondo te?
Il giro della nazionale e le sue competizioni creano grande stress, grandi aspettative, grandi gioie e anche grandi delusioni e questo può creare anche dei momenti di tensione nei rapporti personali che gravitano intorno a questa dimensione, momenti di tensione che poi, magari, in assenza di un dialogo aperto si risolvono male. La stima reciproca, però, credo non sia mai mancata da entrambe le parti. Quando fai gare per tanti anni ed ottieni tanti bei risultati è normale sviluppare delle aspettative verso la Federazione, vale a dire verso le persone che hanno condiviso con te questi momenti. Le critiche che mi venivano mosse non mi convincevano. A parte quelle di tipo caratteriale, che mi sembravano prive di una ragione precisa, mi veniva contestato di non essere un profondista come, ad esempio, Salvatori, Amengual, Mazzarri o Bellani; ma io avevo partecipato a due mondiali che hanno avuto per protagonisti questi stessi atleti, e pensavo che se in tali occasioni avevo onorato la maglia azzurra con un 4° ed un 5° posto, ciò stava a dimostrare che un qualche altro tipo di pesca, evidentemente, lo sapevo fare.
Il costante allenamento e l’esperienza mi hanno messo da tempo in condizione di affrontare con la stessa efficacia gare a segnale con trenta o quaranta spostamenti o gare il cui destino si decide in bassofondo, nella schiuma, una pesca che alleno con costanza da ormai dieci anni proprio in vista di un appuntamento in oceano. Non mi capacitavo di come si esitasse a provare Riolo in queste condizioni; “uomo squadra” lo sono sempre stato, perché tutte le gare che ho vinto a livello internazionale individuale le abbiamo vinte anche a squadre (anche se a quell’epoca il risultato a squadre veniva creato dalle federazioni, non essendo riconosciuto dalla CMAS), un fatto che si verifica difficilmente senza collaborazione. Insomma: mi sarei aspettato di poter disputare un mondiale in oceano molto tempo fa, cosa che invece non ho ancora avuto il privilegio di fare, e questo mancato riconoscimento in una gara che io ho sempre desiderato disputare, sicuramente ha fatto sì che ci fosse un mio atteggiamento di chiusura verso una federazione e, conseguentemente, una chiusura nei miei confronti da parte federale. La classica situazione del cane che si morde la coda.
Credo che in fondo tra noi sportivi, dirigenti e atleti, ci sia una stima reciproca che spesso è difficile riuscire ad esternare quando di mezzo ci sono i risultati, la competizione, il valore che ciascuno di noi crede e spera di poter esprimere e, così, anche le attese che gli organi federali hanno nei confronti degli atleti, sia sotto il profilo del rendimento che dal punto di vista comportamentale. In ogni caso, spero che dopo questo europeo sia chiaro che da parte mia c’è la piena volontà di mettere ogni incomprensione alle spalle, con la speranza che il futuro possa regalarci quei risultati che ci aspettiamo un po’ tutti, tanto Riolo quanto la Federazione.
L’ avvicendamento fra Roberto Borra e Maurizio Ramacciotti -che nel 2006 cederà il testimone al dr. Magno per dedicarsi alla preparazione in vista di un eventuale coinvolgimento diretto nel mondiale- ha giocato un ruolo chiave o si è trattata di una coincidenza temporale?
Ritengo che sia stato un fatto rilevante, così come anche il tramite del dr. Magno, che ha condiviso con noi questa esperienza dell’Europeo per Nazioni. Con Roberto Borra avevo un rapporto formale atleta-capitano, mentre Maurizio Ramacciotti è prima di tutto un compagno: credo che questa situazione abbia messo entrambi -capitano e atleta – nelle migliori condizioni per recuperare un dialogo più sereno. Voglio essere chiaro: non credo che ci sia mai stato difetto di stima reciproca fra me e l’ex capitano, né altre questioni legate a chissà quali interessi, ma semplicemente una maggiore difficoltà di dialogo. Non ho mai messo in discussione la mia stima verso Roberto Borra, secondo me sono più discorsi accentuati dalle persone che orbitano intorno al nostro settore. Di fatto, abbiamo semplicemente avuto delle difficoltà di dialogo dovute ad aspettative reciproche, magari disattese, ma io non ho mai messo in dubbio il suo valore come Capitano, e credo che lui abbia fatto lo stesso nei miei confronti. Ciascuno, poi, ha inevitabilmente i propri difetti, e se nel tentativo di ottenere qualcosa di più è capitato di commettere errori, credo che sia successo ad entrambi. L’importante è che al momento di tirare le somme, alla fine di una gestione o di una carriera sportiva, i risultati siano complessivamente positivi. Io spero che Roberto Borra possa avere altri risultati positivi nel suo impegno federale, così come spero di poter avere altri risultati positivi nella mia carriera agonistica.
Cosa pensi di questa nuova formula introdotta dalla CMAS per le gare internazionali a squadre?
Devo ringraziare molto la Federazione per avermi dato la possibilità di confrontarmi con questa nuova formula di gara. Avendola vissuta in prima persona, posso dirti che anche se a prima vista potrebbe apparire come un evento sportivo di secondo piano, credo che in effetti questo confronto a squadre rappresenti una succosa quanto gradita novità. Nella gara per Nazioni viene fuori il vero lavoro di squadra, ed è un’esperienza bellissima. In nessun campionato precedente cui abbia preso parte ho mai vissuto una collaborazione così vera e profonda con i compagni. Alla fine, però, credo che le gare individuali e a squadre siano ugualmente importanti: se è sicuramente bello competere per un titolo individuale, inevitabilmente il più ambito dai singoli atleti, è anche bello sfruttare le proprie capacità e peculiarità tecniche per dare un apporto concreto all’azione di un Team. Nelle gare individuali si ritrovano i valori dell’atleta, insomma, mentre in quelle per Nazioni i valori della squadra, ma è sempre pesca in apnea agonistica di massimo livello.
La formula di gara a squadre con tre atleti di cui due in acqua ed un totale di 4 ore di pesca a componente ti convince?
Personalmente la trovo valida e divertente. Si crea uno spirito di squadra assolutamente unico ed i risultati sono oggettivamente della squadra e non dei singoli. Pensa che nella pianificazione dell’ingresso in acqua in Portogallo, già prima dell’inizio della gara appariva chiaro chi avrebbe avuto la chance di tentare la cattura su un determinato segnale a prescindere da chi l’avesse scovato in preparazione, ma non si è vista neanche una minima traccia né di gelosia, né di invidia. Devo dire che siamo stati tutti molto in gamba nell’interpretare lo spirito di questa formula di competizione e nel gestire il gioco di squadra.
Negli anni di astinenza “oceanica” del dopo Mazzarri ci è mancato il vero fuoriclasse, come sostiene qualcuno, o abbiamo solo pagato la maggiore disponibilità di mezzi degli avversari?
Intanto non credo che in passato i risultati che si sono avuti siano attribuibili esclusivamente ad uno dei tre atleti, tant’è che le vittorie di un campione del calibro di Renzo Mazzari sono sempre state affincate da ottimi piazzamenti dei compagni di squadra (in Turchia Lo Baido quarto e Toschi sesto, a San Teodoro Molteni quarto ed io quinto, a Porto Cristo io quarto e Bellani quinto). Ciò dimostra che il livello della squadra è sempre stato molto elevato.
Se poi analizziamo i risultati con maggiore attenzione, vedremo che tra Mazzarri e i compagni di squadra si sono inseriti sempre un locale ed uno “specialista”, come poteva essere, ad esempio, un Salvatori a Porto Cristo.
Per mia fortuna non ho partecipato alle gare oceaniche di cui parli, ma credo che alla fine sia mancato più che altro un supporto economico commisurato a quello profuso dagli avversari, anche perché la Spagna ha vinto a colpi di preparazioni lunghissime. Senza nulla togliere agli atleti spagnoli, che sicuramente sono di valore come i nostri, credo che alla fine si possa parlare di divario meramente economico. Anche con riferimento al campionato a squadre del Portogallo cui ho preso parte, credo che con tre o quattro giorni di preparazione in più la vittoria sarebbe stata alla nostra portata. Oggi come oggi per vincere è necessario frugarsi in tasca: se la Federazione saprà gestire al meglio il Pool di Sposorizzazione della Nazionale appena creato, sono convinto che una nuova vittoria della Nazionale nel mondiale individuale o a squadre possa essere conseguita in tempi brevi.
Per il Mondiale 2006 la Nazionale ha già effettuato un sopralluogo cui tu non hai preso parte. Come interpreti questa scelta del Capitano?
Spero che questo sopralluogo anticipato sia semplicemente finalizzato alla verifica delle condizioni meteo marine del luogo più o meno nello stesso periodo in cui si svolgerà il mondiale. Per quanto riguarda la squadra, visto che c’è ancora molto tempo non credo proprio che sia già stata fatta.
Confidi di poter giocare un ruolo importante in questo prossimo appuntamento mondiale?
Io sono sempre a disposizione della Nazionale. Se il Capitano riterrà che la mia presenza possa essere positiva nell’intento di agguantare un titolo che giova sì all’atleta che lo conquista, ma prima ancora alla Federazione che se ne fregia, allora io sono pronto ad entrare in acqua e giocarmi tutte le mie carte. E’ giusto che ciascuno faccia le proprie scelte, pertanto non ho nessuna critica da fare al Capitano della Nazionale, che certamente saprà fare le proprie scelte.
La nuova circolare normativa ha reintrodotto un sistema di qualificazione ai campionati maggiori con le quote territoriali, secondo il quale il numero degli atleti qualificati per area geografica è predeterminato. Tu che sei probabilmente uno degli atleti di punta nazionali con maggiore esperienza sul campo, cosa pensi di questo ritorno al passato?
Credo che sia interessante, perché ogni zona riceve una quota di atleti commisurata al numero di partecipanti alle selettive, realizzando un sistema che mi pare più giusto.
Un bilancio sull’agonismo in questi anni ed una previsione per il futuro.
Come Federazione abbiamo fatto tantissimo per farci benvolere dall’opinione pubblica, rispetto ad una decina di anni fa lo scenario si è trasfigurato. Allora le gare venivano vinte a colpi di cernie, che hanno finito per diventare l’oggetto della discordia con i diving – che portano le persone sott’acqua a vedere questi pesci – ed il motivo della nostra quasi eliminazione dal mondo dello sport agonistico. La Federazione ha preso atto dei mutamenti sociali e, senza imposizioni esterne, ha liberamente scelto di eliminare la cernia dal novero delle prede valide e di porre un limite alla cattura di prede della stessa specie; queste ed altre modifiche dei regolamenti hanno avuto l’effetto di ridurre il pescato medio delle competizioni ben al di sotto della quota consentita dalla legge a tutti i pescatori sportivi. Poi c’è stata scelta di distinguersi nettamente dai bombolari bracconieri attraverso l’introduzione di un’espressione chiara e limpida come “pesca in apnea”, sicuramente una mossa azzeccata. Al giorno d’oggi credo che nulla possa più ragionevolmente contestarsi alle gare di pesca in apnea, ed infatti mi pare che l’opinione pubblica di oggi ci apprezzi molto più di quanto non facesse sul finire degli anni ’80 o negli anni ’90.
Riguardo il futuro, direi che abbiamo buoni motivi per pensare che potremo continuare a praticare ancora per molti anni questo sport bello, affascinante e rispettoso dell’ambiente.
Quanto sono importanti le competizioni e i circoli nella formazione dei nuovi appassionati?
Sotto questo profilo l’agonismo ha una grandissima importanza, perché già evidenzia quali sono i vari tipi di pesca che si possono praticare nei mari italiani. Chi segue le competizioni di oggi vede i grandi campioni che si confrontano con prede alla portata di tutti, come il cefalo, la spigola, la salpa, e credo che questo aiuti la promozione della pesca in apnea molto più dei carnieri di una volta. Mentre i carnieri di cernie apparivano irraggiungibili all’appassionato medio, quelli di oggi spingono i neofiti ad accostarsi con maggiore fiducia verso questo sport divertente, che porta le persone a contatto con l’ambiente.
Sono un istruttore FIPSAS di apnea e pesca in apnea e vedo che al termine del corso i miei allievi sentono una gran voglia di confrontarsi in gara. E lo fanno, anche con ottimi risultati: l’anno scorso due miei allievi hanno vinto due selettive. E’ stato un fatto che inevitabilmente mi ha riempito di soddisfazione, perché in uno sport come il nostro, in cui l’esperienza gioca un ruolo decisivo, queste vittorie sono traguardi importanti. La cosa che più mi fa piacere è che hanno vinto pescando in un metro d’acqua: nei miei corsi insegno loro la pesca all’aspetto o all’agguato in bassissimo fondo, che permette divertimento e catture anche a chi ha poca esperienza, in gara come nelle battute ordinarie.
Come giudichi l’interesse dei giovani verso la disciplina?
Mi sembra che la pesca in apnea stia attirando l’attenzione di un sempre maggior numero di giovani. Nella mia attività di istruttore ho notato un aumento dei ragazzi che si avvicinano a questo sport con l’aspettativa di avventura, catture, crescita personale. Credo che sia importantissimo potenziare le scuole ed il parco istruttori, perché i tanti appassionati esperti che operano nei circoli potrebbero dare un grande contributo a questa opera di qualificazione ed educazione delle giovani leve, educandoli all’agonismo e alla pesca in generale.
…sicuramente: basta guardare l’età media dei partecipanti alle selettive per rendersi conto della carenza di ricambio generazionale. Cos’altro si può fare?
Si dovrebbe trovare un sistema per coinvolgere maggiormente i grandi campioni della Federazione. Andrebbero responsabilizzati in tal senso e spinti a cercare di tenere un certo numero di corsi durante l’anno, in modo da poter brevettare un gran numero di ragazzi e favorire l’accesso di nuove leve nel circuito agonistico. Se ciascun campione riuscisse a sfornare 10 agonisti all’anno, complessivamente avremmo competizioni molto più affollate. E poi, chi potrebbe promuovere l’agonismo e motivare i giovani al confronto meglio di un agonista di lungo corso?
Grazie Nicola, non ci resta che augurarti uno splendido 2006, con la speranza che ti porti altri risultati agonistici da aggiungere al tuo luminoso palmares!
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