Le Obiezioni di FIPIA alla Licenza di Pesca a Pagamento
COMUNICATO STAMPA
E’ in arrivo un’altra tassa!
Comunicato della Federazione Italiana Pesca In Apnea (F.I.P.I.A.), federazione associativa di promozione sociale, senza scopo di lucro, riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
E’ attualmente in discussione presso la XIII Commissione (Agricoltura) della Camera il testo unificato di tre Proposte di Legge “Interventi per il settore ittico” a firma degli Onorevoli Oliverio (PD), Caon (Misto) e Catanoso (FI), che prevede l’introduzione di una licenza per la pesca in mare a pagamento, per la pratica della pesca sportiva/ricreativa. Questa licenza potrebbe interessare oltre un milione di praticanti di questa attività del tempo libero.
La pesca ricreativa mantiene inoltre attiva una filiera di operatori, produttori, commercianti, con un numero di addetti stimato in oltre 15.000 in tutta Italia, a cui sono da aggiungere i comparti del turismo, della nautica da diporto e dei media, per un giro di affari rilevantissimo.
Nel testo in discussione, si propone che dal 2016 entri in vigore una licenza dal costo di 10 euro annui per chi pesca da terra e di 20 euro per chi pesca dalla barca.
Il 60% dei proventi di questa tassa (o imposta?) verrebbero devoluti a favore di un costituendo “Fondo per lo sviluppo della filiera ittica”, ciò a dire a sostegno della pesca professionale. Il 30% sarebbe devoluto per aumentare l’efficienza dei controlli contro la pesca illegale.
Nella stessa Proposta sono presenti anche numerosi altri interventi a favore della pesca professionale, come sgravi fiscali e facilitazioni amministrative.
Su questa proposta sono già piovute numerose contestazioni provenienti dalle organizzazioni che rappresentano la pesca sportiva/ricreativa, i produttori e i commercianti delle attrezzature da pesca. Le principali obiezioni sollevate possono essere così riassunte:
· Il mare e i suoi pesci sono del Popolo italiano, che rinuncia a una parte dei propri diritti di sfruttamento per cederli ai pescatori professionisti, al fine di consentire loro di trarre profitto da un bene comune, svolgendo la funzione di servire il pesce sulle tavole degli italiani e sostenere le proprie famiglie. Di questo dono la pesca professionale ha fatto un pessimo uso e i risultati in termini di impoverimento della risorsa ittica sono sotto gli occhi di tutti e anche della Comunità Europea.
· A fronte dello scriteriato sfruttamento, la pesca professionale gode di contributi statali ed europei, oltre a fruire dei carburanti a un prezzo agevolato. Anche questa è un’altra forma di sovvenzione che grava sul paese in termini di sbilancio dell’import/export .
· Se la “licenza di pesca” si configura come tassa non si vede quale possa essere il servizio corrispettivo che lo Stato dovrebbe offrire. Se si tratta di un’imposta non si vede perché una parte dei cittadini debba pagarla, a fronte di un’altra parte dei cittadini (la pesca professionale) che attinge alla stessa risorsa a titolo non solo gratuito ma anche sovvenzionato.
· Il testo unificato viene proposto senza una valutazione complessiva di quali saranno i costi di questa iniziativa in termini di mancate entrate per lo Stato a seguito delle agevolazioni previste per la pesca professionale e del prevedibile calo del gettito fiscale proveniente da tutta la filiera della pesca ricreativa. Si corre quindi il rischio, come accaduto in altri Paesi, che le entrate da questa fonte siano inferiori alle mancate entrate da IVA e imposte.
· Tutto ciò porterebbe comunque a un’entrata per la fiscalità generale, volendo essere oltremodo ottimisti, di circa 15 milioni di euro (una goccia nel mare del bilancio dello Stato). Di questi, 9 milioni (pari al 60%), andrebbero a finanziare il costituendo “fondo per lo sviluppo della filiera ittica”, ovvero circa 250-300 euro/anno per ognuno dei circa 30/35.000 addetti al comparto pesca: sempre che la gestione del fondo stesso non ne assorba una buona quota.
In un momento già difficile per il paese e per i cittadini, una nuova tassa risulta essere ancora più odiosa, ponendo limiti ad un’attività del tempo libero che, in momenti di crisi come quelli attuali, può concorrere anche a soddisfare parzialmente i bisogni alimentari di una famiglia. E ancora: così come viene proposta questa licenza pone le basi per uno scontro tra “poveri” mettendo in conflitto la pesca ricreativa con la pesca professionale.
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