Chi vuole davvero l’AMP di Capo Testa?!
L’istituzione dell’area marina protetta di Capo Testa – Punta Falcone è un argomento che ha infervorato gli animi lo scorso anno per poi eclissarsi lentamente, almeno fino a questi ultimi giorni, in cui sono venuti a galla dei retroscena che fanno sorgere seri dubbi sulle modalità con cui è stato avviato e portato avanti l’iter istitutivo dell’ennesima riserva marina in Sardegna. Sin dall’inizio, il pilastro fondante della vicenda sono stati (i supposti) coinvolgimento e approvazione del progetto da parte degli abitanti di Santa Teresa, ma oggi si scopre che gli incontri con i soli operatori della pesca, del turismo marino e i diving svoltisi tra il luglio 2014 e gennaio 2015 – oltretutto su iniziativa dell’Ispra e non del Comune – non sono il principio quanto la coda di un processo iniziato ben prima, si parla addirittura del 2012.
Il Movimento Sardo Pro Territorio, tramite il suo referente locale Ulisse Murru, è venuto in possesso dal Ministero dell’Ambiente delle carte che attestano come il sindaco Pisciottu abbia portato avanti l’iniziativa in completa autonomia. Davvero copiosa la mole documentale attraverso la quale è stato facile ricostruire l’intera corrispondenza tra il Primo Cittadino e il Direttore Generale per la Protezione della Natura e del Mare; corrispondenza che dimostra come già 3 anni fa l’amministratore del piccolo comune sollecitasse un incontro (marzo 2012) per “procedere al riavvio della procedura tecnico-amministrativa dell’Amp” arrivando ad affermare che “la forte volontà espressa dalla popolazione, che coincide con la visione politica dell’amministrazione, induce e incoraggia la ripresa dell’iter necessario per la costituzione dell’Amp.” Inutile ribadire che non vi è traccia di incontri aperti alla popolazione effettuati prima o dopo quella data, ad eccezione di quelli già menzionati a cavallo tra 2014 e 2015.
Ulisse Murru, e immaginiamo anche i cittadini di Santa Teresa, meritano adesso riposte concrete sul perchè l’amministrazione abbia per anni taciuto su incontri e missive, arrivando persino a negare l’accesso agli atti comunali, diniego che per fortuna non ha trovato eco nella segreteria del ministero. Assodato che il problema non è mai stato l’istituzione della riserva in sé, quanto più le modalità della futura gestione e la loro compatibilità con le realtà preesistenti di pesca e turismo, la comunità dovrebbe avere il diritto di sapere come il suo sindaco stia procedendo su una tematica così delicata come questa, nella più totale trasparenza.
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