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Caricamento dell’arbalete e congegni di assistenza

| 12 Marzo 2004 | 0 Comments

Il caricamento dell’arbalete è un’operazione delicata e potenzialmente pericolosa, e per questo richiede molta attenzione ed esperienza. Soprattutto nei modelli più lunghi o con elastici esasperati, il rischio di incidenti in fase di caricamento è inversamente proporzionale ad esperienza e attenzione. Le lesioni che si possono riportare, soprattutto alle dita, arrivano ad essere gravi, per cui è necessario maneggiare questi congegni, soprattutto quelli realizzati in casa, con la massima cautela ed attenzione. Apnea Magazine non si assume alcuna responsabilità per danni a cose o persone sofferti o inflitti a terzi nell’uso o nella realizzazione di congegni descritti nell’articolo.

Il carichino CRAB della Seatec

Spesso, riferite agli arbalete, si sentono proferire frasi del tipo: “è troppo duro da caricare“; “ha gli elastici troppo legnosi oppure “non arrivo a tirare gli elastici fino in fondo” o, ancora, “non arrivo ad afferrare gli elastici.

In tali espressioni c’è del vero, ma non per la totalità dei casi. Non è mia intenzione fare una analisi balistica di tali armi o del carico a cui sottoponiamo i nostri elastici, ma diciamo che, in linea di massima, le dimensioni degli elastici montati dalle case produttrici non sono mai all’estremo del carico.

Quindi, chi riscontra problemi con tali misure, non deve addebitarli alle dimensioni o alla qualità della coppia, ma piuttosto ad un errore di tecnica oppure ad un’insufficienza fisica personale. Chiariamo subito che per insufficienza fisica non deve intendersi la mancanza di forza muscolare, ma piuttosto un fattore inerente il rapporto altezza/lunghezza arma, che per caricare armi molto lunghe diventa fondamentale.

Infatti, per ovviare ad eventuali carenze di forza fisica esistono in commercio sistemi di ausilio, che oltre ad assicurare una presa degli elastici più sicura, sono capaci di far lavorare fasce muscolari diverse da quelle impiegate nel metodo di caricamento ‘canonico’ aiutando l’utilizzatore che trova difficoltà.

Il carichino prodotto dalla Sporasub

Conviene spendere due parole su tali sistemi, anche se non fanno parte degli obbiettivi della presente disamina, ma consentiranno una più facile individuazione del problema.

I sistemi di aiuto in vendita consistono, per la gran parte, in maniglie che, applicate all’archetto degli elastici, consentono di metterli in tensione sfruttando una leva diversa da quella tradizionale. Ne esistono di varie fogge, ma quasi tutte dedicate al tipo di archetto specifico per le quali sono disegnate.

La loro funzione è quella di agevolare la presa degli elastici per ridurre lo sforzo di trazione, ma nessuno di questi sistemi ha la funzione di accorciare le distanze tra le mani del sub e l’archetto in modo sensibile, il loro avvicinamento è limitato a pochi centimetri.

Dei vari carichini in commercio, ne ho notato solo uno che risulta adatto a più tipi di archetti ed accorcia un po’ le distanze tra il sub e gli elastici. Non , ma penso sia realizzato dalla Mèrou (sul quale approfondirò più avanti nell’articolo).

Il sistema degli elastici asimmetrici ideato da Mario Bettini

L’articolo era pronto per la pubblicazione on-line quando l’arrivo sul Forum di AM di Mario Bettini, vulcanico inventore del fai-da-te d’oltre alpe, ha reso necessaria questa integrazione. Bettini ha accennato sul forum ad un sistema per il caricamento degli elastici asimmetrici da lui brevettato. Ne inserisco la sua analisi tra i sistemi dedicati e appositamente studiati per agevolare lo sforzo di caricamento come quelli sopra descritti, ma con risultati ancora maggiori in termini di riduzione dello sforzo.

Sicuramente va inserito tra i sistemi “dedicati” a specifiche tipologie di fucili, perché la sua implementazione richiede una serie di accorgimenti particolari non utilizzabili con la totalità dei fucili. Esso nasce dall’esigenza di permettere il caricamento di elastici molto tirati anche a persone con gravi problemi alla schiena. Sfrutta il frazionamento dello sforzo in modo rivoluzionario, cioè svincola la singola porzione di coppia degli elastici per caricarli singolarmente uno alla volta, mediante la realizzazione di particolari ogive indipendenti, rendendone particolarmente agevole il caricamento a tal punto da poter essere impiegato agevolmente anche su fucili molto lunghi.

Le varie soluzioni ideate da Bettini sono distinguibili in due principali categorie:

Congegno by Mario Bettini

1) Quella dedicata ad aste con tacche costituite da gancetti, per fucili a testata aperta; questa particolare soluzione consente l’applicazione ad elastici di pari lunghezza e addirittura a doppia coppia se si utilizza l’asta dedicata raffigurata in figura (con quattro ganci)

Congegno by Mario Bettini

2) Applicabile a fucili tradizionali, con testata ed asta con tacche, si basa su una singola coppia di elastici asimmetrici, cioè uno di lunghezza normale da agganciare alla tacca principale ed uno più corto, destinato alla tacca ausiliaria. Il sistema prevede l’impiego di un apposito carichino, che rende altamente sicura e pratica la fase di aggancio e riduce le distanze.
Il limite del sistema è costituito dalla specificità dell’applicazione, infatti è difficilmente applicabile ad elastici di tipo circolare. La trazione applicata al primo capo di un elastico, infatti, determinerebbe lo sfilamento dell’elastico dalla sua sede, qualora il capo libero non risulti vincolato dall’altro lato, ed il suo centro è comunque facilmente soggetto a spostamenti.

La prima soluzione è utilizzabile con l’apposita testata ideata dall’inventore, oppure con testate tipo TRB/SEATEC o SNIPER/SPORASUB debitamente modificate, mentre la seconda soluzione è applicabile a tutte le testate con elastici a doppia boccola filettata (tradizionali, per intenderci) ma non può armare il doppio elastico, perché entrambe le tacche dell’asta sono occupate dai capi del primo elastico, e realizzare due ulteriori tacche indebolirebbe eccessivamente il dardo.

I sistemi finora descritti restano sempre validi per l’utilizzo di armi di lunghezza che rientrano entro un certo rapporto con l’altezza dell’individuo. Cerco di spiegarmi meglio.

Io sono alto 176 cm, e normalmente non trovo particolare difficoltà a caricare arbalete che con fusto da 100 cm, perché appoggiando il calcio sull’addome riesco comunque ad afferrare gli elastici per caricarli alla tacca più vicina alla testata (quella di trazione più debole, che indicheremo come 1^ tacca). Poi, poggiando il calcio sullo sterno riesco a mettere in tensione l’elastico sulla tacca più tirata (che indicheremo come 2^). Cosa succede se voglio utilizzare un fucile con fusto da 110 cm o superiore?

Mi succede precisamente quello che viene citato nell’ultima frase riportata all’inizio e cioè “non arrivo ad afferrare gli elastici” o meglio, se appoggio il calcio sull’addome non riesco ad afferrare le boccole dell’archetto per esercitare un’idonea trazione. Se appoggio il calcio più in basso (troppo in basso), non riesco a sostenere lo sforzo con la zona di appoggio; se posiziono il calcio sull’incavo della coscia, non riesco a tirare gli elastici fino ad agganciarli alla 1^ tacca.

Cosa fare?

a) limitarmi all’utilizzo di armi più corte;

b) utilizzare le armi di lunghezza superiore a 100 cm dotandole di coppie di elastici più lunghe di quelle di serie… ma allora tanto vale utilizzare il 100 con elastici adeguati.

Alcuni produttori di fucili artigianali (in legno o carbonio) hanno ovviato al problema egregiamente, dotando l’arma di un perno da inserire in un foro presente lungo il fusto; il perno funge da punto di aggancio intermedio, e permette di ripartire il caricamento in più fasi, al fine di poter variare il punto di appoggio del calcio.

L’acquisto di una nuova arma, però, non rappresentala soluzione migliore per tutti quelli che già posseggono o preferiscono un fucile con fusto cilindrico di serie, che non consente il foro.
Come risolvere il problema, allora?

E’ questo lo scopo che mi sono prefissato: trovare un sistema che offra la possibilità di utilizzare fucili con fusto da 110 ed oltre anche a quelle persone che per una questione di statura incontrano difficoltà. La mia ricerca, partita dall’osservazione dei metodi usati da altri pescatori più esperti, nonché dei sistemi in vendita già citati, mi ha fatto approdare ai sistemi descritti in seguito.

Il primo espediente utilizzato è stato quello della terza tacca. Consiste nel ricavare, sull’asta, una tacca uguale alle altre due già presenti in posizione avanzata rispetto alla 1^. Un sistema comodo, veloce e sicuro, che permette di variare il punto di appoggio del calcio. Resta l’unico sistema valido con il doppio elastico, con una coppia singola permette di effettuare anche tiri rischiosi per la punta. L’inconveniente è che, per via del fatto che indebolisce l’asta, non è realizzabile su quelle da 6 mm. Rischioso anche con aste da 6,5 mm, più sicuro, invece, con aste da 7 mm.

Il T.T.F., ossia la TERZA TACCA FANTASMA.

Ideato dal sottoscritto, il sistema nasce dall’unione mentale del perno a metà fusto con la terza tacca sull’asta. Utilizzando un’asta da 6 mm, mi serviva qualcosa che sopperisse alla terza tacca che non vi potevo realizzare. Pensai ad una sorta di gancio che restasse vincolato al fucile anche se sottoposto a grandi trazioni.

A) Il TTF innestato sul fusto con l’elastico ancora scarico – B) Quando si aggancia l’elastico al TTF la parte metallica si sgancia dal supporto plastico e resta vincolata al calcio mediante una robusta cima

Nacque così questo gancio il quale, una volta che vi si agganciano gli elastici, resta vincolato al calcio per mezzo di una cima che passa sotto lo sperone dell’impugnatura.
La prima versione veniva innestata sul fusto mediante l’utilizzo di un anello di camera d’aria presente sullo stesso. Successivamente nacque la versione illustrata in foto che viene applicata al fusto con un supporto in materiale plastico che viene tolto una volta agganciato l’elastico.

Il TTF con il supporto in plastica

Il sistema risulta una po’ macchinoso, facendo perdere alcuni secondi in più per caricare il fucile. Però resta di fatto il sistema di caricamento assistito più sicuro in assoluto, nel senso che nel variare la presa dell’elastico non si corre alcun rischio che l’archetto possa, inavvertitamente, sganciarsi strattonando le dita del sub che non ha ancora consolidato la presa.

Vi è poi da fare un’altra considerazione: fin quando l’elastico è agganciato al TTF, la sua trazione non interessa minimamente l’asta, pertanto il fucile è scarico. Infatti personalmente uso il TTF, senza l’asta, anche quando lavo il fucile, per tenere gli elastici in tensione in modo da far passare l’acqua anche tra l’elastico e la boccola, dove sono solite presentarsi in breve tempo crepe dovute al ristagno di acqua di mare.

Questo sistema lo adottai circa un anno fa, quando incominciai ad usare il 110 con l’asta da 6mm. Il TTF una volta raccolto può essere custodito sotto la muta.

Particolare del gancio in metallo ancora agganciato al supporto plastico

Gli svantaggi del sistema sono:

1) Il sistema non può essere usato per caricare l’elastico supplementare (il doppio per intenderci);

2) Adottando il TTF si perde un po’ di tempo in più per caricare il fucile.

Il carichino telescopico

Il carichino con il gancio esteso e ritratto

Non è una mia invenzione, lo acquistai a Trieste ed è prodotto dalla Mèrou, ma la prima cosa che feci lo modificai rendendolo appunto telescopico per meglio custodirlo sotto la muta, oltre a dotarlo di un gancetto che utilizzo, agganciandolo alla lenza che da mulinello corre sotto il fusto, per evitare la sua caduta durante l’impiego.

È una maniglia che si aggancia a qualsiasi tipo di archetto e riduce le distanze tra il sub e gli elastici, consentendo inoltre di sfruttare una leva diversa dalla solita. Il suo utilizzo è molto rapido e consente un’agevole carica del fucile anche quando si è stanchi.
Lo svantaggio può essere intravisto nella rigidità della struttura che se non utilizzato con le dovute cautele potrebbe determinare lo sganciamento imprevisto dell’archetto di cui è dotato dalla tacca dell’asta mentre si stanno afferrando gli elastici. C’è poi da considerare la sua forma un po’ scomoda da stipare.

Archetto prolungato

L’archetto prolungato

L’ultimo sistema che ho ideato è caratterizzato da una cima che attraversa un gancio ed i suoi estremi sono collegati ad un archetto, in modo da costituire una vera prolunga degli elastici. Per favorire la presa la cima è infilata in due sezioni di tubo di gomma. Questo sistema presenta una serie di vantaggi:

1) Rapidità e facilità di utilizzo;

2) Sicurezza, infatti la sua struttura flessibile scongiura sganciamenti involontari;

3) Semplicità ed economicità di realizzazione;

4) Robustezza;

5) Variabilità di lunghezza, a seconda delle esigenze del singolo pescatore;

6) Comodità di trasporto, grazie alla sua struttura piatta e flessibile non crea fastidi sotto la muta.

Un anno fa ne regalai un esemplare a mio fratello, che lo usa con successo anche per caricare arbalete dotati di doppia coppia di elastici usando le tradizionali aste a due tacche, con l’unica accortezza di caricare prima l’elastico circolare sulla tacca più lenta; poi, sfruttando la possibilità di afferrare l’elastico principale e poggiando l’impugnatura direttamente sul petto, aggancia prima l’archetto della prolunga e poi l’archetto dell’ogiva direttamente alla tacca più potente.

Un sub carica il fucile con l’archetto prolungato

Durante le ultime uscite in cui ho testato gli ultimi due sistemi descritti ho potuto apprezzare un ulteriore vantaggio della prolunga, cioè che essa consente di poter sparare mentre è frapposta tra la tacca e gli elastici. Agendo da riduttore di potenza, la prolunga consente tiri a prede che stazionano in tane anguste, come ad esempio polpi, seppie o saraghi, tane che normalmente non consentono il tiro con un 110 senza correre rischi per l’asta.

I sistemi descritti permettono a chiunque, indifferentemente dalla sua altezza, di tendere coppie di elastici ben tirate anche su fucili che risulterebbero altrimenti tropo lunghi.

Per meglio sfruttare le mie forze e per evitare il fastidioso dolore sternale, causato da impugnature senza la superficie di appoggio maggiorata, uso frapporre tra la muta ed il petto un tappetino di gomma dura e incomprimibile di dimensioni adeguate a coprire la zona di appoggio del calcio. Il tappetino, pur essendo consistente, resta comunque flessibile permettendomi sempre la massima libertà di movimento.

Speranzoso che il presente articolo abbia suscitato il vostro interesse e di aver abolito, almeno in parte, le ‘barriere naturali’ per far accedere chiunque all’uso dei lunghi arbalete, resto a completa disposizione per chiarire o approfondire ogni argomento che voi desideriate, con affetto a tutti i frequentatori di A.M.

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