Capitanerie di Porto: grazie, però…
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Il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha recentemente diramato una circolare relativa alla disciplina dell’attività subacquea. Tale circolare suscita plauso e perplessità allo stesso tempo.
Da una parte, il documento ribadisce con forza che le imbarcazioni sono tenute a mantenersi a debita distanza dalle boe di segnalazione del subacqueo, e specifica che tale distanza debba essere di almeno 100 metri. L’anno scorso alcune Capitanerie di Porto avevano già dettato previsioni dirette ai diportisti in funzione di una maggiore tutela dei subacquei, ma la distanza di rispetto imposta alle imbarcazioni variava da 60 a 100 metri a seconda delle ordinanze. Con questa circolare, si otterranno due risultati: da una parte, tutte le Capitanerie di Porto provvederanno a rendere operativo il divieto di navigare a distanza ravvicinata rispetto alle boe; dall’altra, tutti gli uffici locali si adegueranno alla distanza minima quantificata dal Comando Generale, vale a dire 100 metri. Non ultimo, la previsione riguarderà tutte le imbarcazioni senza distinzione: non solo quelle a motore, ma anche quelle a vela (qualche ordinanza dello scorso anno, infatti, indirizzava il divieto solo verso le imbarcazioni a motore). Con l’introduzione di questo espresso divieto attraverso ordinanza, si va finalmente a correggere un guasto normativo durato per oltre un trentennio. Fino a ieri, la situazione era la seguente: il subacqueo doveva segnalarsi nel rispetto delle prescrizioni dell’art 130 DPR 1639/68 a pena di pesanti sanzioni da 516 a 3098 euro, mentre nulla era imposto ai diportisti a livello generale. In pratica, il subacqueo doveva segnalarsi con boa dotata di bandiera visibile ad almeno 300 metri di distanza (o, se accompagnato da mezzo nautico, con bandiera issata sul mezzo stesso) ed operare costantemente a non più di 50 metri dalla boa (o dalla verticale del mezzo nautico), mentre il diportista poteva scorrazzare liberamente nei pressi della boa, senza rischiare altro che le invettive del subacqueo spaventato a morte. La situazione realizzava una palese ingiustizia: che scopo aveva sanzionare la mancata segnalazione del subacqueo se poi non si vietava al diportista di transitare a distanza ravvicinata dal segnale di uomo immerso? Con la situazione precedente, il diportista poteva essere punito solo in caso di incidente (!!), quando ormai il peggio si era verificato. La prevenzione era tutta sulle spalle del sub, ossia la possibile vittima….un controsenso assurdo.
La voce di appassionati, associazioni e della stessa Federazione non è rimasta inascoltata, e le Capitanerie di Porto hanno mostrato ancora una volta una grande sensibilità nei confronti dell’attività subacquea, prendendo un provvedimento giusto quanto atteso. Una volta che le indicazioni della Circolare saranno trasfuse nelle ordinanze, transitare con un’imbarcazione a distanza inferiore a 100 metri da una boa segnasub costituirà un illecito penale: di certo non si risolverà il grave problema della sicurezza delle immersioni, ma almeno si forniranno adeguati strumenti giuridici agli organi di controllo e si potrà contare sull’effetto deterrente della sanzione.
La circolare in oggetto, però, chiarisce altri due concetti.
Ecco il primo: “se vi e’ un mezzo nautico di appoggio, il segnale deve essere innalzato sul mezzo; sul mezzo e’ obbligatoria la presenza di almeno una persona pronta ad intervenire”.
Il chiarimento lascia perplessi. In queste due righe, il Comando Generale offre un’interpretazione restrittiva dell’articolo 130 DPR 1639/68 e smentisce l’interpretazione che lo stesso Ministro della Marina Mercantile aveva dato all’articolo 3 del DM n. 249 del 29/06/1987 mediante la famosa Circolare Circolare n. 6227201 del 23/07/1987.
Partiamo dal primo chiarimento: “se vi e’ un mezzo nautico di appoggio, il segnale deve essere innalzato sul mezzo”…
L’articolo 130 sembra dire una cosa lievemente diversa: “se il subacqueo è accompagnato da mezzo nautico di appoggio, la bandiera deve essere messa issata sul mezzo nautico”. Il gommone ancorato, però, non accompagna nessuno: il termine “accompagnato” sembrerebbe riferirsi al pescatore seguito a bordo da un assistente e non a chi, ancorato il gommone, si allontani con boa al seguito. Ma nella circolare di Maggio 2003 il Comando Generale elimina questa seconda possibilità, espressamente consentita dal Ministro con la citata circolare: “sul mezzo e’ obbligatoria la presenza di almeno una persona pronta ad intervenire.”
Conseguenza: da oggi sembrerebbe proibito pescare con un gommone senza assistente a bordo….un vero colpo di mannaia. Inoltre, se si va a pescare in coppia, uno dei due apneisti dovrebbe restare sul gommone per assistere il compagno; l’assistente deve essere “pronto ad intervenire” -quindi niente “pennichelle” sul gommone, ma sguardo vigile e occhi puntati sul compagno.
Questa previsione è di difficile comprensione per vari motivi. Anzi, mi dispiace doverlo dire, perché ho grande stima e rispetto per le Capitanerie di Porto, ma si tratta di una previsione apparentemente inaccettabile, sempre che -ovviamente- il Comando Generale non specifichi la portata del chiarimento, circoscrivendone l’ambito di applicazione.
Vediamo perché.
La questione dell’assistente “obbligatorio” non è assolutamente nuova. Risale al 1987, quindici anni fa. In quell’anno, l’allora Ministero della Marina Mercantile emanò il DM n. 249 del 29/06/1987, il cui articolo 3 consentiva e disciplinava il trasporto di apparecchi ausiliari di respirazione e fucili subacquei sullo stesso mezzo nautico a fini di sicurezza, ribadendo il divieto di servirsene per l’esercizio della pesca subacquea. Il comma due dell’articolo 3 recita: “Durante l’attività di pesca subacquea il pescatore deve essere costantemente seguito da bordo del mezzo nautico da almeno una persona pronta ad intervenire in casi di emergenza; in ogni caso deve esservi a bordo del mezzo stesso una cima di lunghezza sufficiente a recuperare il pescatore subacqueo”.
Questo secondo comma generò da subito scompiglio e problemi interpretativi, e da alcuni fu subito interpretato come un divieto di pescare senza assistente a bordo del mezzo nautico o, addirittura, come un divieto di immergersi da terra senza mezzo nautico d’appoggio. Il Ministro Degan si vide costretto a chiarire subito la reale portata della norma, peraltro già ampiamente ricostruibile attraverso un’interpretazione sistematica.
Ecco le parole del Ministro: “[….]L’art . 3 riguarda i pescatori subacquei che si recano nella zona di pesca con un mezzo nautico sul quale si trovi, come consentito dal decreto in argomento, a fini di sicurezza, un apparecchio ausiliario di respirazione con bombola di capacità non superiore a dieci litri,
Non rientrano quindi nei presupposti dell’art. 3 del nuovo provvedimento i casi del pescatore subacqueo che si reca nella zona di pesca con l’ausilio di un mezzo nautico senza alcun apparecchio ausiliario di respirazione (bombola ed erogatore) a bordo, o che effettua la pesca subacquea da terra[…]”.
Il chiarimento non lascia spazio ad interpretazioni ed è perfettamente lineare: se si trasportano apparecchi ausiliari di respirazione per fini di sicurezza, è evidente che debba esserci qualcuno che li possa utilizzare nel momento del bisogno. Se insieme ai fucili non si trasportano tali apparecchi, però, non sussiste alcun obbligo di assistente, né occorre la “cima di lunghezza sufficiente al recupero del subacqueo”, e la stessa cosa si verifica quando ci si immerge da terra.
Ci si chiede, quindi, come mai il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, a distanza di 15 anni, disconosca -almeno apparentemente- questa circolare chiarificatrice e torni ad interpretare l’articolo 3 del DM 249/87 in questo modo. A prescindere da ogni questione giuridica, poi, resta una questione di merito: siamo certi che l’assistente a bordo valga più di un compagno sulla verticale? Con riferimento al problema generato dal traffico nautico, la risposta può anche essere positiva, ma in tutti gli altri casi? All’alba, su una secca isolata o su una parete sottocosta….è preferibile un compagno che ci assiste sulla verticale o un barcaiolo pronto ad intervenire a bordo del mezzo nautico? E cosa dire di una battuta all’agguato con mare mosso?
Mi chiedo che tipo di applicazione pratica avrà questa circolare, che tipo di verbali potrà generare e cosa ne penseranno i giudici di pace investiti di eventuali ricorsi giurisdizionali avverso tali sanzioni amministrative.
La speranza è che il Comando Generale prenda atto dell’eccessiva genericità della disposizione e che ne ridefinisca i contorni in ossequio a quanto già chiarito dal Ministro Degan nel 1987. Altrimenti, prevedo tempi duri per i pescatori in apnea ed una lunga serie di verbali e ricorsi.
Per completezza, un’ultima considerazione sul terzo punto chiarito dalla Circolare: “e’ opportuno prevedere, infine, che anche al nuotatore che si trova fuori dalle acque riservate alla balneazione sia concessa la facoltà di usufruire dei medesimi segnali previsti per il subacqueo (ovviamente con sagola non più lunga di metri 3), al fine di evitare di essere investito da un’unita’ in transito”
Sicuramente è apprezzabile lo sforzo di fare chiarezza, ma forse sarebbe stato meglio ribadire quanto già esplicitato dalla giurisprudenza di Cassazione (es: Cass. civ., sez. I, 9 settembre 1997, n. 8780), ossia la soggezione all’obbligo di segnalazione di cui all’art 130 DPR 1639/68 anche di subacquei non pescatori, vale a dire apneisti e sommozzatori ARA. Che al nuotatore fosse “concessa la facoltà” di segnalarsi con una boa anche in assenza del chiarimento contenuto nella circolare mi pare incontestabile, così come mi pare fuori di dubbio che la lunghezza massima della sagola, all’interno di una previsione del genere, assuma il valore di un semplice consiglio.
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Category: Editoriali