AMP Tavolara: nuovo regolamento e pescatori sul piede di guerra
Il 9 gennaio 2015 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il nuovo regolamento dell’Area Marina Protetta di Tavolara – Punta Coda Cavallo, in Sardegna. L’aggiornamento dell’articolato normativo, approvato il 3 dicembre 2014 dal ministro Galletti ma divenuto operativo solo con la recente pubblicazione ufficiale, era stato preceduto a maggio da una ordinanza tampone della locale CP di Olbia, che avrebbe dovuto allertare i numerosi pescatori sportivi che oggi gridano alla beffa e sono sul piede di guerra.
A dispetto della concertazione sbandierata dall’Ente Gestore dell’area marina protetta, i residenti lamentano di non essere stati minimante interpellati riguardo l’estensione dei divieti alla pesca sportiva, e non solo, recentemente introdotti. La pesca subacquea era e rimane bandita da tutto il perimetro della riserva, quindi nessuna novità per i pescasub; hanno invece molto da lamentarsi i pescatori di superficie che, già confinati alla sola zona C, si vedono proibire la traina di profondità, il vertical jigging e similari (probabile quindi sia vietata in toto la pesca con artificiale), oltrechè il prelievo di qualsiasi specie di cernia e della corvina, come anche l’uso di esche alloctone non mediterranee (verme koreano, spagnolo, giapponese).
Ci sarà da sborsare anche per le autorizzazioni alla pesca e alle varie attività permesse nella riserva: fino ad oggi erano state concesse gratuitamente, ma da ora in poi saranno soggette al pagamento dei diritti di segreteria in aggiunta ad un corrispettivo economico per gli operatori e per i fruitori occasionali, che andrà a sovvenzionare le attività di conservazione della risorsa ambientale avviate dall’Ente Gestore. Saranno inoltre numericamente contingentate in relazione alla “capacità di adattamento di un sistema alle sollecitazioni antropiche“.
Altro cambiamento di importanza tutt’altro che marginale è costituito dal fatto che i proventi derivanti dalle sanzioni non finiranno più nelle casse dello Stato, ma direttamente in quelle del Consorzio di gestione dell’AMP. C’è da aspettarsi un “interessato” incremento della vigilanza laddove il nuovo regolamento trasforma il controllo delle attività della riserva, e sanzionamento di relative infrazioni, da un mero costo (ragione principale della sua scarsità) a comprimaria fonte di finanziamento dell’ente gestore, che, con il recente drastico taglio dei fondi statali previsti in finanziaria, ha evidentemente urgente bisogno di rimpiguare le casse.
E’ curioso che dopo le battaglie che si stanno facendo per sottrarre, almeno parzialmente, ai comuni la gestione diretta dei proventi delle multe derivanti dalle infrazioni al codice della strada, che davano luogo a discutibili iscrizioni nelle previsioni di bilancio di somme di denaro frutto di contestazioni ancora da effettuare, legittimando di fatto la pianificazione del numero di verbali minimo da elevare, si reintroduca questa logica in altri contesti, con tutti i prevedibili effetti collaterali già ben conosciuti e sperimentati.
Purtroppo per i pescatori sportivi, la frittata appare ormai irrimediabilmente fatta e servita. Che l’ente gestore abbia agito sottotraccia per tutelare la propria sopravvivenza o che abbia astutamente approfittato della cronica incapacità del pescatore di informarsi e interessarsi di ciò che gli accade intorno poco importa. L’ordinanza tampone di maggio 2014 doveva si essere un chiaro campanello di allarme per i cugini cannisti, ma il fatto che nessuno ne sia venuto a conoscenza, nemmeno per aver preso un verbale per l’esercizio di una pesca improvvisamente non più consentita la dice lunga sulla totale latitanza di controlli e di informazione. Forse qualsiasi protesta non avrebbe comunque fermato l’ennesimo provvedimento calato dall’alto, certo è che adesso si potrà urlare fino a restare senza voce ma i fautori di questo giro di vite sordi erano e sordi rimarranno.
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